TESTA.WROCLAW

 

46. WROCŁAW (Polonia) dal 25 maggio al 1° giugno 1997.

Organizzato da: Cardinal Henryk Roman Gulbinowicz, arcivescovo di Wrocław.

Presidente: Legato Pontificio Cardinale Angelo Sodano.

Segretario generale: S.E. Mons. Jan Tyrawa.

Tema:

Eucaristia e libertà.

 

Il 46° Congresso eucaristico internazionale di Wrocław, capoluogo polacco della Bassa Slesia, ha posto l’Eucaristia al centro non solo della vita della Chiesa ma anche delle trasformazioni sociali che riguardano l’Europa e il mondo nella fine del Novecento. Secondo le parole di Giovanni Paolo II, è alla «scuola eucaristica della libertà» che si diventa costruttori di una società più umana.

 

    Il sole di domenica 25  maggio tempera un poco il vento freddo che soffia dal Baltico. Per i polacchi di Wrocław è un giorno speciale e non per il voto referendario sulla nuova costituzione (che peraltro vedrà un’affluenza solo di poco superiore al 40%!) ma perché si apre il 46° Congresso eucaristico internazionale.

    A pomeriggio inoltrato, nella grande sala dell’Hala Ludowa (= sala del popolo), il cardinale arcivescovo Gulbinowicz dà il benvenuto alle varie delegazioni provenienti da tutti i continenti. Sullo sfondo, oltre alla riproduzione del grande crocifisso di Assisi, spicca un pannello giallo con le chiavi di Pietro incrociate che rimandano alla venuta di Giovanni Paolo II. Sarà proprio il Papa polacco a tornare per la sesta volta nella sua patria per un «viaggio-testamento» che vedrà come primo atto la celebrazione della grande statio orbis conclusiva del Congresso.

    Gulbinowicz, nato nei dintorni di Vilnius 75 anni or sono, davanti alla platea un poco soggiogata dall’immensità dello straordinario monumento modernista costruito in cemento armato nel 1912, ammonisce i polacchi di questa fine millennio «affinché coloro che guardano allo svolgimento del 46° Congresso eucaristico internazionale possano dire quelle parole che i pagani dei primi secoli dicevano riguardo ai cristiani: Guarda come si amano gli uni gli altri!».

    Se l’Hala Ludowa è piena soltanto a metà, è invece affollata all’inverosimile la cattedrale di San Giovanni Battista, con i fantasiosi pinnacoli delle sue torri che si innalzano, al di sopra dei tetti di Stare Miasto (= la città vecchia).

    Il sole della sera imbionda la massa serrata di mattoni la cui storia si perde nel tempo. In questo luogo, poco al di là dell’«isola di sabbia», fu costruita – appena dopo il Mille – una prima chiesa romanica semidistrutta dall’invasione dei Tartari nel 1241. Una seconda costruzione in forme gotiche, iniziata nel XIII secolo, fu frantumata dall’ultima guerra mondiale quando esplose l’arsenale che i tedeschi vi avevano installato. Ora, dell’antica costruzione resta poco più che il disegno complessivo ed alcune pietre annerite dagli incendi.

    Per la Messa di apertura è giunto quassù il cardinale Segretario di Stato Sodano, legato pontificio per il Congresso. È lui che chiude il lungo corteo di vescovi e di cardinali, preceduti dagli ermellini e dalle toghe rosse dei canonici e dei professori della locale facoltà teologica pontificia. Tra due ali di fitta folla assiepata nell’antica strada medioevale, spiccano le porpore dei cardinali Gagnon e Gantin, di Rossi e di Lourdusamy, di Sanchez e di Arinze, sovrastate dal copricapo del metropolita Damaskinos che rappresenta, al Congresso, le Chiese dell’Ortodossia.

    All’interno di questo scrigno di storia e di religiosità, surriscaldato dai riflettori della televisione, il cardinale Legato ricorda, nel corso della lunga celebrazione il senso del tema del Congresso, ‘Eucaristia e libertà’: «Il nostro tempo, che anela tanto profondamente alla libertà, è stretto da nuove forme di schiavitù. Un paese come la Polonia che è passato attraverso le catene del totalitarismo, sa come apprezzare il valore dell’ordine legale basato sui principi della libertà e della democrazia. Ma la storia dimostra quanto fragili ed incerte siano le istituzioni della libertà se esse sono isolate dalla verità riguardo ad ogni uomo ed alle leggi di Dio...». E ricordando ciò che già Giovanni Paolo II ebbe a dire, assicura che: «La democrazia senza valori, è la semplice metamorfosi di un totalitarismo camuffato».

    Non è un caso che quasi tutti gli interventi iniziali di questa assise internazionale abbiano puntato i loro obbiettivi sul tema della libertà così attuale in un paese come la Polonia che, solo da poco, si è aggiunta al novero dei Paesi liberi.

    Questo Congresso eucaristico internazionale, il primo che si svolge nell’Est europeo dopo la guerra, ripropone il problema intorno al quale si gioca oggi la fisionomia dei paesi usciti dal totalitarismo marxista per cadere nelle braccia di un liberalismo spesso selvaggio che sta stravolgendo il loro corpo e la loro anima.

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Nel grande spazio dell'Hala Ludowa, Giovanni Paolo II saluta i partecipanti al 46° Congresso Eucaristico Internazionale che si tiene in terra di Polonia.

 

«Un inno di gratitudine…»

    Lo stesso Giovanni Paolo II aveva certo ben presente la questione quando, indicando questa città della Bassa Slesia come sede del Congresso, affermò che esso «dovrà essere un inno di gratitudine a Cristo per il dono della libertà nell’Europa Centrale, benedizione per la Chiesa e per il mondo intero e, insieme – aggiungeva – ricerca di una strada di libertà da ogni nuova forma di schiavitù che ha fatto la sua apparizione nella società consumista ed edonista contemporanea».

    La libertà è qui, lo si intuisce facilmente, un compito tutto in salita e pieno di incognite. Per una parte significativa dell’episcopato polacco, l’ingresso del Paese nella Comunità Europea è sentito come una iattura, e tutto ciò alimenta l’inquietudine riguardo all’«inarrestabile inquinamento consumista». Sentimento, questo, ben riassunto nelle parole di un uomo di chiesa: «Questa Europa ci porta solo pornografia e perdita dei valori morali... non si può parlare di crescita o di guadagno». La Chiesa polacca che si è costruita, a partire dalle sue radici, come entità nazionale compatta durante la dittatura comunista, fa fatica a scoprire nella democrazia e nelle libertà sociali tutti i benefici decantati dall’Occidente.

    Oltre alla libertà, il robusto filo rosso che percorre questa assise eucaristica è la collocazione nel cammino della Chiesa universale verso il Giubileo del 2000. Per questo se ne è sottolineata fortemente la dimensione ecumenica.

    Wrocław, nonostante sia popolata da una stragrande maggioranza cattolica, conserva un carattere ecumenico per la convivenza, ora pacifica, con significative comunità luterane e ortodosse oltre che con la comunità ebraica. Convivenza che, tuttavia, non sembra influire in nulla sulla cattolicissima fisionomia di questa città. Fisionomia che si può leggere in ogni pietra, in ogni via, in ogni piazza oltre che – naturalmente – nell’incredibile concentrazione di chiese, quasi tutte ricostruite secondo lo stile e il disegno antico, dopo le distruzioni della seconda guerra mondiale.

    Provate a recarvi alla chiesa più vicina in giorno di domenica: sarà forse la prima ed unica volta che vi troverete a lottare controcorrente per entrarvi e per uscirne. Dagli archi gotici dei portali sono due file ininterrotte di gente che si incrociano e rifluiscono per trovare posto. Scoprirete anche, con sorpresa, che si conserva l’uso di comunicarsi in ginocchio, alla balaustra, mentre i confessionali sono perpetuamente affollati.

    A partire dagli anni della guerra fredda e della dominazione comunista, il popolo polacco ha imparato a sopravvivere dando spazio non solo ad una forte religiosità, ma anche alla straordinaria risorsa della fantasia. E così, per esempio, ragazzi e ragazze dell’università si improvvisano venditori di bandierine o lavorano agli innumerevoli chioschi di bibite preparate in occasione del Congresso. Il tutto per racimolare pochi zloty.

    Risorsa, quella della fantasia, scolpita anche nelle pietre del Rynek, la famosa «piazza del mercato». Camminando in circolo, intorno alle guglie e ai pinnacoli del grande municipio gotico, vi stupirete nell’ammirare schiere di casette medioevali di stile fiammingo perfettamente ricostruite ma con i colori cosi vivi da trasformare il severo impianto urbanistico medievale in una succursale di Disneyland...

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Alcuni dei bambini della Prima Comunione che hanno partecipato alla processione durante il Congresso.

 

Binari obbligati

    Lo svolgimento del Congresso ha seguito alcuni binari immutabili stabiliti ormai da decenni: celebrazioni quotidiane intorno ad un tema specifico, «conferenze maggiori» tenute in assemblea plenaria da cardinali-teologi, incontri per lingue nazionali nelle diverse chiese della città.

    Non è mancata la tradizionale processione del Corpus Domini che ha percorso i quattro chilometri che separano l’Hala Ludowa dalla cattedrale tra due ali di folla. La religiosità tradizionale, insieme con il folklore locale e quello dei rappresentanti delle diverse Chiese del mondo, ha avuto modo di esprimersi alla grande. Si notavano particolarmente i gruppi di pellegrini provenienti dalla Russa e dall’Ucraina con le loro bandiere nazionali e la vasta rappresentanza coreana avvolta in fioriti kimono. Al termine della processione, i pellegrini hanno potuto sperimentare la calda accoglienza polacca nell’agape fraterna, il pasto comune, preparato per loro da diverse centinaia di famiglie della città.

    Altro momento di ampio respiro si è vissuto nell’ultima delle assemblee plenarie attraverso le testimonianze dei delegati delle diverse nazioni, sulla preparazione al Congresso nei rispettivi Paesi. I rappresentanti di Filippine, Indonesia, Senegal, Zaire, Messico, Stati Uniti, Canada, Ciad hanno dato alla sala le dimensioni del mondo. Un applauso particolare al rappresentante della nuova Repubblica Democratica del Congo che ha invitato a pregare affinché il suo Paese possa godere della vera pace che spetta a tutti figli di Dio.

    Il Papa giunge a Wrocław, flagellata – dopo alcuni giorni di clima mite – da una gelida pioggia, nel mattino di sabato 31 maggio. A lui il presidente della repubblica Aleksander Kwasniewski rivolge il suo benvenuto tutto pervaso da quell’ottimismo ufficiale che è oggi imperante nel Paese: «Vostra Santità può essere fiera della sua Patria. La Polonia sta costruendo uno stato democratico e stabile, rispettoso delle leggi... Oggi siamo un Paese di grandi possibilità. Probabilmente per la prima volta nella storia moderna, libertà e sicurezza, democrazia e sviluppo, possono essere simultaneamente il nostro dividendo». E ha continuato: «Tutto ciò non sarebbe avvenuto senza Vostra Santità e senza la Chiesa di Polonia».

    Ma di fronte a questo Papa, anziano e infreddolito, le parole dei potenti di turno sembrano davvero inadeguate. Più cresce la sua debolezza e più si comprende anche in modo fisico che ciò che va cercando, ciò che gli sta a cuore, è l’anima di questo popolo, il suo disorientamento, la sua schizofrenia, la sua Chiesa così forte nei numeri ma così in difficoltà nell’offrire indicazioni utili per orientare i grandi cambiamenti in atto.

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La celebrazione della "statio orbis" finale del Congresso di Wroclaw.

Ti saluto Polonia

    Mentre squillano le trombe dell’inno pontificio, il Papa china il capo, lungamente, quasi a ricordare a se stesso e a tutti che la Chiesa della «Roma immortale» è la Chiesa dei martiri, della testimonianza forte e sicura che sa entrare nella modernità conservando tutta la sua carica evangelica.

    «Ti saluto Polonia, – risponde il Papa al saluto del presidente – patria mia! Anche se mi è toccato vivere lontano, non cesso tuttavia di sentirmi un figlio di questa terra e nulla che la riguardi mi è estraneo... Vengo a voi, cari connazionali, come colui che desidera servire... Vengo a voi nel nome di Gesù Cristo, di colui che è lo stesso ieri, oggi e sempre. Questo e il motto della presente visita.

    «Il percorso di questo pellegrinaggio - continua il Pontefice – è molto ricco e le sue tappe principali vengono determinate da tre città: Wrocław, Gniezno, Cracovia. È dunque innanzitutto Wrocław, che ospita il 46 CEI… Sono convinto che questo Congresso Eucaristico contribuirà efficacemente all’espansione dello spazio vitale offerto a Cristo nel Santissimo Sacramento, a Cristo crocifisso e risorto, a Cristo redentore del mondo, nella vita di questa Chiesa che è a Wrocław, nella vita della Chiesa in Polonia e su tutto il globo terrestre».

    Il tema della libertà è tornato insistentemente nelle parole del Papa durante la statio orbis conclusiva. Dal grande altare innalzato alle spalle di un hotel, in un parco trasformato in pantano dalla pioggia insistente, Giovanni Paolo II ha detto a chiare lettere: «Sull’itinerario dei Congressi Eucaristici che attraversa tutti i continenti, è giunto il turno di Wrocław, della Polonia, dell’Europa Centro-Orientale. I cambiamenti avvenuti qui hanno dato inizio ad una nuova epoca nella storia del mondo contemporaneo. La Chiesa, in questo modo, vuole rendere grazie a Cristo per il dono della libertà riacquistata da tutte queste nazioni che hanno tanto sofferto negli anni di costrizione totalitaria.

    «Wrocław, situata quasi al punto di incontro di tre paesi che per la loro storia sono uniti molto profondamente tra loro, è in certo senso una città dell’incontro, una città che unisce. Qui si incontrano in qualche modo le tradizioni spirituali dell’Oriente e dell’Occidente. Tutto questo conferisce una particolare eloquenza a questo Congresso Eucaristico e specialmente a questa statio orbis».

    E poi, dai microfoni il tono di voce del Papa ha ritrovato per un attimo il vigore e la forza di una volta strappando un applauso prolungato, che ha fatto dimenticare per un poco vento e freddo: «Si tenta di persuadere l’uomo e le società intere che Dio è di ostacolo sulla via verso la piena libertà, che la Chiesa è nemica della libertà, che essa non comprende la libertà, che ne ha paura. Accade qui un’inaudita falsificazione della verità! La Chiesa non cessa di essere nel mondo l’annunciatrice del Vangelo della libertà! Questa è la sua missione; “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi”. Per questo un cristiano non ha paura della libertà, non fugge davanti ad essa! La assume in modo creativo e responsabile, come compito della sua vita. La libertà, infatti, non è soltanto un dono di Dio; essa ci è data anche come un compito! È la nostra vocazione».

    Il papa che ha a cuore la celebrazione del grande Giubileo del 2000 ha dato poi piena visibilità all’impegno ecumenico nell’incontro interconfessionale di preghiera tenutosi sabato sera nell’Hala Ludowa: «Sorelle e Fratelli di altre Chiese e Comunità ecclesiali, nel nome di Gesù chiedo una comune testimonianza cristiana. L’Occidente ha tanto bisogno della nostra fede, viva e profonda, nella storica tappa della costruzione di un sistema nuovo dai molteplici riferimenti. L’Oriente, devastato spiritualmente da anni di programmata ateizzazione, ha bisogno di un forte segno di abbandono a Cristo. L’Europa ha bisogno di tutti noi riuniti solidali intorno alla croce e al Vangelo».

    Le riflessioni suscitate dalla celebrazione del Congresso Eucaristico internazionale, dal ricco magma della riflessione teologica e sociale ancora più arricchita dalla presenza dei rappresentanti di Paesi di ogni parte del mondo, dalla statio orbis finale – naturale coronamento di tutto –, si coagulano in alcune prime impressioni.

    Innanzitutto il Congresso ha proposto l’Eucaristia al centro non solo della vita della Chiesa ma anche delle trasformazioni sociali che riguardano l’Est europeo e tutto il continente, al fine di dare equilibrio autenticamente umano alla ritrovata libertà. Per questo, in un Paese in cui, sempre più, il sospetto contro il liberismo economico si salda al rigetto di una società dai molteplici riferimenti culturali, il Papa ha spinto verso una libertà che trova il suo fondamento nel dono di Cristo: «La vera libertà si misura – ha detto – con la prontezza al servizio e al dono di sé. Soltanto la libertà così intesa è veramente creativa, edifica la nostra umanità e costruisce legami interumani. Costruisce e non divide! Quanto il mondo, l’Europa, la Polonia hanno bisogno di questa libertà che unisce!».

 

Scuola eucaristica di libertà

    Non è il tempo di ricostruire steccati, nazionalismi, separazioni, ma di una nuova Europa unita nella solidarietà attraverso la «scuola eucaristica della libertà, affinché fissando l’Eucaristia con lo sguardo della fede, diventiamo costruttori di un nuovo, evangelico ordine della libertà, nel nostro intimo e nelle società in cui ci è dato di vivere e di lavorare».

    In secondo luogo i pellegrini giunti fino a Wrocław, pochi per la verità anche se in rappresentanza di ogni continente, hanno potuto confrontarsi con un cristianesimo ancora a «tutto tondo», che riempie le chiese e insieme caratterizza fortemente il tessuto sociale. Con una fede intensa nell’Eucaristia, fortemente segnata dalla devozione personale, che ha reso positivo l’incontro con le locali comunità cristiane anche se non si dovrà dimenticare che nei paesi secolarizzati dell’Occidente, le soluzioni polacche non sono direttamente praticabili.

    Non è mancato, in terzo luogo, il tentativo di legare strettamente l’Eucaristia alla «nuova evangelizzazione» che ne costituisce il contesto naturale nel cammino verso il grande Giubileo del 2000. A questo proposito, il cardinale Meisner, in una affollata conferenza stampa, non ha esitato a riproporre una ricetta antica: «Le Chiese d’Europa – ha detto – possono diventare efficacemente evangelizzatrici, se ripartono dagli elementi presentati dagli Atti degli apostoli: se lavorano per diventare, cioè, comunità concordi nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione fraterna, nello spezzare del pane e nella preghiera».

    Benché l’eredità del 46° Congresso eucaristico internazionale sia stata ben presto coperta dalle emozioni suscitate dalla lunga visita del Papa ai «santuari della memoria» della sua terra, i semi gettati nel gelido clima di Wrocław sembrano capaci di dare al Vangelo uno spazio più grande nella coscienza di questa fine millennio.

    Vittore Boccardi

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Una delle piazze di Wroclaw.

Il carattere di Wrocław

    Nel 1460, il grande umanista italiano Enea Silvio Piccolomini - diventato più tardi papa con il nome di Pio II - scriveva: «Wrocław è una grande città sulle sponde dell’Odra, con edifici pubblici e privati straordinariamente decorati». D’altro canto, l’universalmente conosciuto Goethe scriveva nel 1790: «Eccoci di nuovo qui in questa noiosa, sporca, puzzolente Wrocław, da cui spero di poter fuggire il più presto possibile…». Due opinioni, senza dubbio, agli estremi opposti che si riferiscono ad una città dal carattere fascinoso e ambiguo.

    In alcuni momenti della sua storia, Wrocław fu una città potente, in altri periodi divenne considerevolmente debole e subordinata ad invasori stranieri, alcuni buoni, altri assai meno. Posta spesso in palio nei giochi delle dinastie europee, lo statuto politico della città cambiò considerevolmente: da capitale del ducato indipendente di Slesia, a città boema e perfino ungarica, retta poi dalla dinastia Jagellonica fino al 1526, e infine sottoposta alla casa imperiale degli Asburgo per 215 anni. Durante questo intero periodo, Wrocław riuscì a conservare l’indipendenza e la prosperità economica.

    Nel 1757, Wrocław entrò a far parte del giovane stato prussiano e, tra il 1849 e il 1914, divenne una città moderna, quintuplicando la sua popolazione. Inserita all’interno dei confini tedeschi nello spazio fra le due guerre mondiali, semidistrutta dalla disfatta nazista, divenne parte della Repubblica Popolare di Polonia.

    Tra i personaggi che formano la gloria di questa città, bisognerà ricordare la beata Edith Stein, che qui nacque nel 1891. Filosofa convertita dal giudaismo al cristianesimo ed entrata poi nel Carmelo con il nome di Teresa Benedetta della Croce, nel 1939 emigrò nel convento olandese di Echt, dove tre anni dopo fu arrestata dai nazisti. Deportata nel campo di sterminio di Auschwitz, vi morì pochi mesi dopo. La sua tomba è ora nella chiesa di san Michele.

    A Wrocław è nato nel 1933 anche il cardinal Joachim Meisner, attuale arcivescovo di Colonia. Costretto ad abbandonare la città in tempo di guerra non vi potè più ritornare dopo il riposizionamento dei confini voluto dal trattato di Poznam. Durante il Congresso ha ricordato: «Io ho quattro patrie: Slesia, Turingia, Berlino e Colonia, ma è la prima che io amo di più...».

 

Nella foto di testa: il Papa nell'Hala Ludowa

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