Domenica 8 settembre, in una splendida giornata di sole, migliaia di persone si sono riunite sulla spianata del Parco del Bicentenario trasformato in un grande campo eucaristico per l’inaugurazione del 53° Congresso eucaristico internazionale. La festa è stata allietata da più di 1600 bambini che hanno ricevuto la Prima Comunione, dalle bandiere delle 54 delegazioni provenienti da ogni parte del mondo e dall’allegro scampanellio di una nutrita rappresentanza di chierichetti dell’arcidiocesi. Davanti a migliaia di fedeli, la solenne Eucaristia concelebrata da circa ottanta vescovi e centinaia di sacerdoti, è stata presieduta dall'arcivescovo di Quito.
All’inizio della Messa, sui grandi schermi è apparso Papa Francesco che ha rivolto ai partecipanti il suo messaggio: «Tra gli insegnamenti che si possono trarre dall’Eucaristia, voi avete voluto scegliere quello della fraternità, come condizione essenziale per un mondo nuovo, un mondo più giusto, un mondo più umano. Già i primi Padri della Chiesa ci dicevano che il segno del pane accende nel Popolo di Dio il desidero di fraternità, poiché, proprio come non si può impastare il pane con un solo chicco, così anche noi dobbiamo camminare insieme, perché “pur essendo molti, siamo un unico corpo, un unico pane”. È così che cresciamo come fratelli… Una fratellanza profonda, che nasce dal lasciarci macinare, come il grano, per poter diventare pane, corpo di Cristo, partecipando in tal modo pienamente all’Eucarestia e all’assemblea dei santi».
Le attività congressuali sono iniziate lunedì 9 settembre. Di questo Congresso che ritorna in America Latina dopo vent’anni, bisogna sottolineare soprattutto la sua fisionomia di incontro di tutto il popolo di Dio: giovani, anziani, vescovi, laici e laiche, sacerdoti, religiosi e religiose; radunati insieme da diverse parti del mondo per celebrare l'Eucaristia e per uno scambio fraterno e generoso della fede tra battezzati di culture, stili di vita e Paesi diversi. Dopo la celebrazione mattutina dell’Eucaristia, questa attenzione a tutte le componenti del popolo di Dio ha visto avvicendarsi nella grande sala del Centro de Convenciones di Quito vescovi e laici, sacerdoti e religiose, che hanno tratteggiato l’immagine di una Chiesa viva capace di proporre vie stimolanti di fraternità e di missione.
Significativa la presenza di numerose delegazioni. Da quella di Taiwan che ha portato a Quito una cinquantina di persone, a quella più ristretta del regno montano del Lesotho, a quelle europee di Portogallo, Italia, Spagna Austria, Svizzera, Slovenia, Repubblica Ceca, ecc.., a quelle di USA, Messico, Canada, ai paesi dell’America Latina e a molti altri.
Nella prima giornata sono state sciorinate le ferite del mondo con gli interventi di un attore e regista spagnolo, con l’alcalde di Quito, con il segretario laico della Pontificia commissione dell’America Latina e con le testimonianze di un vescovo ucraino e di una donna incaricata del “ministero dell’accoglienza” dei migranti nella Chiesa degli USA. In serata, infine, molti dei vescovi giunti in città, si sono recati a celebrare l’Eucaristia nelle parrocchie di Quito, quasi a diffondere la bella notizia del Congresso .
Giorno dopo giorno, donne, uomini di Chiesa e famiglie, hanno testimoniato cammini di fraternità e di solidarietà capaci di guarire e sanare le ferite del mondo. Particolarmente suggestiva la testimonianza del “cura pandillero”, José Antonio Maes, sacerdote burgalense missionario in Ecuador, che lavora nelle carceri di Esmeraldas, città tra le più colpite dalla violenza. La sua presenza accanto a vittime, a carcerati e poliziotti, tra le bande giovanili, lo ha portato ad esclamare: che «la violenza combattuta con la violenza genera solo odio e questo non ci permette di vederci come ciò che siamo veramente: fratelli».