I preparativi
Giunto in Malta qualche giorno prima che si desse principio al Congresso Eucaristico internazionale, che è il XXIV della serie, incominciata a Lilla nel 28 giugno 1881, ho potuto conoscere tutti i preparativi, tutta la storia e le diverse fasi per le quali dovette passare la prima idea, ardita, di tenere nell'isola un simile evento. Son cinque buoni anni di lotta, di tenacità, di pazienza, che dovrebbero conciliare al Vescovo Mons, Pace ed ai suoi infaticabili collaboratori la maggiore riconoscenza dei maltesi e l’ammirazione degli stranieri.
«Io solo - diceva il Card. Bourne parlando al Congresso con quella abituale cortesia di modi e precisione di linguaggio che in lui è pari alla lucidità del pensiero ed all’ampiezza della dignità - io solo posso dare a mons. Pace e a Malta il saluto e il plauso conveniente, perché io solo conosco meglio di altri, tutti i passi del cammino che dovemmo compiere per arrivare in quest’isola e trovarci riuniti qua dentro». Per la verità bisogna aggiungere subito che il primo prelato d’Inghilterra non solo conosce meglio di altri tutto questo cammino, incominciato a Londra nel Congresso del 1908 ma che ha cooperato efficacemente a realizzare quel lungo sogno luminoso.
Al principio il lavoro era quasi segreto e pochi se ne davano pensiero. L’argomento diventò pubblico dopo il Congresso di Vienna (1912) e si fece sempre più vivo a mano a mano che si avvicinava la sua data convenuta. È noto quante diffidenze, quanti sospetti, quante e quanto fosche previsioni intorno all’esito piovessero da ogni parte. I non più che trecentosettanta chilometri quadrati che misura questo piccolo avanzo galleggiante di un continente sommerso; la natura del suolo, che sotto la cupola di un cielo ardente si dissecca sempre più; le difficoltà del viaggio in un mare che molti non conoscono se non per il naufragio di S. Paolo o per le guerre cartaginesi e dei corsari; la insufficienza degli alloggi…
Tra gli stessi amici dell’isola non mancò chi ripetesse con aria di gravità e di preoccupazione: «Malta con tutto il suo miele e le sue rose, con tutto il suo porto la cui vastità, varietà e pittoresca bellezza riempie di meraviglia anche chi è rimasto in contemplazione su le incantevoli rive del Bosforo, potrà Malta invitare il mondo a consesso tra le sue mura?». Ma i buoni maltesi lavoravano tutti, indefessamente, perché consideravano la riuscita come un impegno d’onore nazionale e sacro. C’era difetto di alloggi e gli alberghi pubblici si ingrandirono; tutti i proprietari di palazzi e case li aprirono per ricevere gli ospiti; ospitalità ad un congressista, più di un cittadino maltese sarebbe stato contento di restar fuori a ciel sereno. Non ce ne fu poi bisogno, anche perché centinaia e centinaia di intervenuti fecero servire di alloggio le navi capaci su cui avevano compiuto il viaggio.
Non minore fu la gara nel provvedere alle spese diritte e traverse, necessarie per dare il più grande splendore alle solenni cerimonie. Nel giorno di Pasqua, rivolgendosi al suo popolo, mons. Pace poteva dire: «E voi venerabili Fratelli e Figli carissimi con quale amore non avete corrisposto per mezzo delle vostre contribuzioni! Abbiamo ricevuto molto e nutriamo fiducia di avere ancora, per potere raggiungere la somma necessaria per le grandi spese della circostanza». Come sempre, in questa occasione altresì, bisogna riserbare una parola commossa di compiacenza e anche di ammirazione a certi abitanti più umili, di condizione disagiata, i quali alle loro non laute entrate tolsero qualche parte, qualche parte che toccava il necessario, per dare il loro obolo al congresso, per poter dire con una certa gioia intima e quasi con orgoglio: questo congresso è anche opera delle nostre mani, è frutto dei nostri sudori, questo congresso è cosa nostra.
Da questi saggi di emulazione e di ardore comune a tutti si può giudicare dell’impegno di coloro che attendevano direttamente ai lavori. I comitati e sottocomitati, costituitisi con uomini di diverse classi e di varie attitudini, se pure qualche volta mancarono di esperienza, di preveggenza, di sagacia pratica, dimostrarono sempre volontà inflessibile, zelo infaticabile, energia e fermezza in superabile. E le fatiche di un anno non furono sprecate. Ben se ne accorse lo stesso mons. Heylen, l’energico ed accorto presidente generale del comitato permanente, fin dall’ottobre scorso. Venuto qui, per conoscere con la sua esperienza la condizione del luogo e delle cose e preparare il migliore successo finale, dichiarò fin da allora nell’oratorio di S. Giovanni, che il congresso di Malta sarebbe riuscito non inferiore agli altri che lo precedettero, e per alcuni riguardi anzi superiore. È inutile aggiungere che l’ardore crebbe sempre sino alla fine.
Chi fosse capitato in Valletta intorno al 20 aprile, si sarebbe avveduto che la città era nell’attesa di un singolare avvenimento. Malta colpisce sempre di meraviglia chi vi capita la prima volta. Ma in questi giorni la sorpresa era di tutti e diversa. Gli abbellimenti delle strade, degli edifici, delle chiese, specialmente e degli uffici pubblici; i gruppi di curiosi fermi in tanti punti; e il lavoro vario, impetuoso, crescente in quelle ultime ore in molti luoghi diversi, ma diretto verso lo stesso fine erano segno di una solennità straordinaria. I pensieri di tutti, i discorsi, la vita dell’isola si avvolgeva sempre intorno allo stesso centro: il Congresso.
Di pari passo con questa preparazione esteriore era andata anche quella spirituale, la più notevole. «La prima preparazione aveva raccomandato il zelante Arcivescovo Vescovo di Malta dev’essere spirituale ed a questo scopo una missione con prediche sarà fatta in Valletta nella chiesa del Gesù dalla prima domenica fino alla terza dopo Pasqua. Nelle altre chiese collegiate e parrocchiali raccomandiamo che se ne imiti l’esempio con un triduo di prediche prima del Congresso». L’avvertimento fu bene accolto. Le predicazioni straordinarie passarono sulle .anime come un gagliardo vento purificatore e le rinnovarono. Operarono una leva in massa del popolo che, scuotendosi da dosso un certo languore religioso, gareggiava con popoli più noti e più grandi. Già uno dei principali frutti del Congresso era ottenuto.
I suoi fini più desiderati, infatti, erano tre. Il primo, comune a tutti i congressi, ed esposto dal vescovo di Namur, anzi dallo stesso Sommo Pontefice, era il trionfo di Cristo nell’Eucaristia; il secondo, indicato con delicatezza tale, che allontanava qualsivoglia ombra di offesa personale, dal cardo Bourne e comune agli altri congressi compiutisi nei dominii inglesi, era un atto di riparazione per le offese recate all’Eucaristia dai protestanti; il terzo, tutto proprio di Malta, era di aggiungere una nuova gemma alla sua corona gloriosa, una pagina indimenticabile alla storia dell’isola.
Tuttavia incertezze e diffidenze ritornavano a quando a quando a manifestarsi quasi inavvertitamente nei discorsi correnti. Esse si fondavano sulla diversità di religione del governo, e sulla presenza dei protestanti in Malta. Ma, quanto al governo centrale, bisogna notare che erano timori sempre vaghi senza che si potesse recare un atto specifico e concreto di ostilità. Lo stesso dicasi dei protestanti. Si ripeté sovente che avessero lavorato, e molto, contro la riuscita. Fatti però determinati e sicuri non furono addotti mai.
Il concorso di stranieri era in quei giorni assai scarso, né accennava ad aumenti notevoli. Il contegno di varie società di navigazione parve molto biasimevole. Erano state annunziate in diversi tempi partenze di piroscafi straordinari da diversi porti e alcune di queste promesse furono mantenute. Io stesso potei profittare di un battello, il Prins Heinrich, che la società tedesca Norddeutscher Lloyd fece approdare nell’isola. In questa magnifica nave di 138 metri di lunghezza, tutta rilucente di smalto e di lucidi ottoni, in mezzo a sceltissimi passeggeri di America e di Russia, di Germania e d’Inghilterra, ed a gentilissimi ufficiali, il viaggio fu il più bel preludio dei giorni seguenti. Esso occupò lo spazio di un sogno; di un sogno incominciato tra i profumi delle rive italiane e rotto tra i vapori cinerei dei quali si avvolgeva e si velava l’isola sul fare dell’alba, quando la maggior parte dei viaggiatori si riunì in una bella sala tramutata in cappella, per ascoltare ben tre messe e fare la santa comunione.
Però non tutte le società fecero come la potente Compagnia di Brema e le partenze annunciate non ci furono. Molti furono costretti a servirsi del piccolo piroscafo che parte ogni dì da Siracusa; piroscafo che per la sua piccolezza e, almeno in questi giorni di molta ressa, per altre varie ragioni, lasciò scontenti molti. Fra timori e speranze diverse sorse intanto il 22 aprile, destinato all’ ingresso del Cardinal Legato.