CARTAGINE.CAPO

 

30. CARTAGINE (Tunisia) dal 5 all'11 maggio 1930.

Organizzato da: Mons. Lemaitre, arcivescovo di Cartagine.

Presidente: Legato Pontificio Cardinale Alexis-Henri-Marie Lépicier e Mons. Heylen.

Segretari generali: Conte Henry d'Yanville, Sig. Jean Gourlot.

Tema degli studi:

La dottrina e la pratica dell'Eucaristia secondo Sant'Agostino

e gli altri Padri della Chiesa d'Africa.

L'importanza del Congresso

    Fra i ventinove Congressi Eucaristici Internazionali che si sono celebrati nelle grandi metropoli di Europa e degli altri continenti, quello celebrato a Cartagine, in Tunisia non si distinse tanto per il numero dei partecipanti, né per la grandiosità o la sontuosità dei festeggiamenti esteriori, ma per la gloria dei ricordi e dei monumenti cristiani che in quei giorni sembrarono rivestirsi di nuova vita. Cartagine ha scritto, infatti, pagine gloriose nella storia dei primi cinque secoli del cristianesimo e ha dato alla Chiesa una schiera di martiri, asceti, dottori, vescovi e concili.

    Nel 1930 la Tunisia, pur formalmente retta dal Bey, era protettorato francese, anche se la colonia straniera più numerosa residente nel Paese era italiana. Nella lettera di nomina del Cardinale Alessio Lépicier a Legato Pontificio per questo Congresso Eucaristico, Pio XI si allietava che la gloria del XXX Congresso internazionale toccasse finalmente all’Africa, la quale «nei primi tempi della Chiesa fiorì per la fede di tanti uomini ardenti e per la pietà di tanti monaci» e, in modo particolare, alla città di Cartagine «illustre per antichi monumenti e per la gloria delle guerre puniche, ma eccellentissima per le memorie cristiane, essendo venuti da lei tanti e così invitti atleti della fede, anzitutto Cipriano e Tertulliano».

    Questo Congresso Eucaristico cartaginese portava dunque un’impronta tutta sua. E se i ruderi dell’antica civiltà fenicia e romana con le loro reminiscenze classiche richiamavano alla mente le dimostrazioni di fede del Congresso di Roma, altre rovine ricordavano dolorosamente le invasioni vandale, arabe e turche. Dolore questo, temperato però dalla visione del ridestarsi dell’antica Chiesa d’Africa che, grazie specialmente al Card. Lavigerie e ai suoi missionari, offriva nuove speranze per il futuro.

    Pur venuti da ogni parte del mondo, i partecipanti al Congresso non raggiunsero il numero che si sperava, ma l’affluenza dei forestieri si mantenne comunque rilevante con una particolare presenza del pellegrinaggio francese di 2500 sacerdoti e di 1500 seminaristi. Seguiva l’Italia, con un buon numero di Vescovi e Sacerdoti, ma più ancora di laici, che unitisi alla massa numerosa degli italiani residenti in Tunisi e città vicine, formarono il nucleo principale del Congresso. Anche i Maltesi - sebbene relativamente pochi e senza i loro Vescovi – insieme con i loro connazionali residenti nel paese, formarono una sezione particolare. Seguivano poi Belgi, Polacchi, Cecoslovacchi, Olandesi, Americani del Nord, Spagnoli, Inglesi, Jugoslavi, Austriaci, Ungheresi, Canadesi. Quanto ai Vescovi, mentre quasi tutte le Diocesi di Francia erano presenti con i loro Pastori, dall’Italia erano accorsi una ventina di Vescovi compresi quei di Rodi e di Tripoli. Del Sacro Collegio presero parte i Cardinali Ascalesi, Charost, Van Roey, Mac-Rory, Hlond, Lavitrano, Verdier, oltre naturalmente al Card. Lépicier, Legato Pontificio.

Arrivo e accoglienza del Card. Legato.

    Il vapore “Città di Napoli” che trasportava il legato del Papa, a seguito della stipula dei Patti Lateranensi che avevano riconosciuto al Sommo Pontefice anche la sovranità terrena sul piccolo territorio della città del Vaticano, batteva bandiera pontificia.  Essa entrò nel porto di Tunisi il pomeriggio del 6 maggio. Ad accogliere il Legato salirono sulla nave i Cardinali Charost e Verdier, le autorità politiche francesi e alcuni Arcivescovi mentre sul molo risuonavano l’inno pontificio, quello francese e quello del Bey. Appena sceso a terra, il Cardinale Lépicier ricevette gli onori militari e, tra le acclamazioni della numerosa folla convenuta da ogni dove, si recò alla Cattedrale, dove pronunciò un breve discorso, ringraziando e affidando alla protezione della Vergine e di San Giuseppe l’esito felice dell’imminente celebrazione eucaristica.

    La giornata della vigilia si chiuse con la visita ufficiale del card. Legato al Residente Generale francese che restituì quella visita protocollare nei saloni dell’Arcivescovado, alla presenza di tutti i prelati presenti al Congresso.  L’animazione della città andava intanto crescendo per il sopraggiungere di numerosi congressisti; e di lieto auspicio furono non solo le sfarzose luminarie che abbellirono la città ma ancor più il gesto dell’autorità francese che, in onore del Papa, volle graziare dieci condannati.

    La mattina del 7 maggio, il Residente Generale con il suo seguito si diresse all’Arcivescovado per accompagnare il Card. Legato in visita a Sua Altezza Ahmed Pascià Bey. Questi, compiacendosi della presidenza d’onore del Congresso da lui ben volentieri accettata, fece fervidi auguri per la prosperità del Sommo Pontefice. Dal canto suo il Card. Legato espresse al Bey la più viva gratitudine, significandogli insieme quanto il Santo Padre apprezzi la simpatia e la fiducia che Sua Altezza gode presso il popolo tunisino, segnatamente presso i Vescovi, i sacerdoti e i fedeli della Chiesa cattolica.

L’apertura del Congresso

    Nel pomeriggio dello stesso giorno, il 7 maggio, alle ore 14,30 si tenne l’inaugurazione del Congresso. Due palchi grandiosi erano stati eretti a destra e a sinistra dell’ingresso del duomo che sorge sull’arteria principale della nuova città. Poiché il tempio non avrebbe potuto contenere le migliaia di presenti, che stipavano le adiacenze o si accalcavano dietro i cordoni dei soldati, nel pronao venne eretto un altare provvisorio e ai due lati presero posto i Cardinali e una trentina di Arcivescovi e Vescovi, oltre il Residente Generale di Francia. I palchi e la gradinata erano occupati dalle rappresentanze consolari e da centinaia di Sacerdoti. Gli altoparlanti facevano giungere la voce degli oratori a tutti i 20.000 presenti.

    Esordì mons. Lemaitre, arcivescovo di Cartagine, il quale diede il benvenuto al card. Legato e ringraziò il Santo Padre per aver scelto a sede del Congresso la sua diocesi, così ricca di glorie e memorie cristiane. Poi fu letta la lettera pontificia di nomina del Legato e infine mons. Heylen, vescovo di Namur, Presidente dell’Opera dei Congressi eucaristici internazionali, salutò i congressisti accorsi da ogni parte del mondo e i cattolici della Tunisia, ringraziando autorità e popolo dell’accoglienza fatta ai convenuti e ricordando infine la serie dei Congressi Eucaristici Internazionali. Da ultimo, il Cardinale Lépicier, dopo aver glorificando nell’Eucaristia il centro dell’unità e della fede e accennato ai martiri gloriosi e ai dottori della Chiesa Africana, invocò le benedizioni divine sulle autorità, sul popolo, sulle nazioni, esaltando la gloria del Regno di  Cristo. Prima che la riunione si sciogliesse, fu impartita la benedizione col SS. Sacramento, con l’esecuzione all’aperto di magnifici inni eucaristici, eseguiti da un grande coro che, con l’orchestra, fronteggiava la grande adunanza.

    Sul tardi ebbero inizio le riunioni nazionali che si svolsero nella cattedrale di Tunisi, nella primaziale di Cartagine e nella chiesa della Santa Croce. Queste sessioni di studio convergevano tutte verso l’Eucaristia, centro e fine della grande assemblea.

I Crociati dell’Eucaristia.

    Nel giorno seguente, 8 maggio, l’Arcivescovo di Reims, Cardinal Charost, celebrò al mattino il solenne pontificale nella chiesa primaziale di Cartagine.

    Una particolare nota di vivacità venne dalle bianche schiere dei piccoli Crociati dell’Eucaristia che, in numero di cinque mila, affluirono al giardino pubblico del Belvedere, per assistere e far la comunione alla Messa celebrata per essi dal Card. Hlond, Primate di Polonia. L’esercito dei Crociati Eucaristici, disposti con ordine mirabile, occupava la vasta pista, come arena immensa di un anfiteatro, attorno al pittoresco altare sormontato da una cupoletta sorretta da quattro eleganti colonnine. Dalla gradinata volta a mezzogiorno e gremita di popolo, lo spettacolo era veramente meraviglioso e commovente.

    Lo stesso giorno, alle ore 15, l’anfiteatro di Cartagine assistette poi alla cerimonia dell’offerta delle palme ai martiri per mano degli stessi giovani Crociati; funzione che meritamente fu detta la cosa più bella e suggestiva di questo Congresso. Già fin dalle ore 14, i margini delle colline che chiudono il circo consacrato dal sangue delle migliaia di martiri illustri - onde Cartagine anche in questo può paragonarsi a Roma - formicolavano di un numero crescente di fedeli, quasi 50.000, tenuti in ordine rigoroso da poliziotti e soldati. Tutti gli occhi erano rivolti alla strada che partiva dalla Primaziale da cui presero le mosse, avanzando in file compatte, i pacifici crociati di Gesù Eucaristico. Precedeva la bandiera del Papa, poi i vessilli nazionali; seguivano, guidati da suore e sacerdoti, schiere di fanciulli e fanciulle che reggevano rami di palme e cantavano Je suis chrétien. Le schiere erano inframmezzate dalle bandiere e dai gonfaloni delle rispettive scuole, parrocchie o istituzioni. L’interminabile sfilata era chiusa da un gruppo di ragazze che sorreggevano stendardi di san Luigi, bianco-azzurri con il giglio di Francia.

    All’ingresso dell’anfiteatro le schiere si divisero disponendosi simmetricamente nell’arena, sempre agitando le palme, dando l’illusione di un bosco frondoso scosso dal vento. Poi gli occhi di tutti si volsero al fondo dell’anfiteatro, dove s’innalzavano le tribune che accoglievano il Cardinal Legato, altri Cardinali e Vescovi.

    Da lassù prese la parola il padre Parra, direttore generale della Crociata Eucaristica: «Nello splendore della notte, ho riveduto tra le rovine i Martiri di Cartagine e i primi vincitori e specialmente le sante Felicita e Perpetua tanto encomiate da S. Agostino, tutta la legione che in questa stessa arena ha guadagnato la palma della vittoria per la difesa della verità e dell’unità della Chiesa; ed ora quelle giovani speranze della risorgente Chiesa africana, applaudendo al Vicario di Gesù Cristo, e al suo Rappresentante in questo Congresso, mentre proclamavano l’indefettibile vita della Madre dei Santi, attestano altresì che la Chiesa di Africa si rinnova e riprende il cammino dei primi secoli». La cerimonia commemorativa, che fu una della più grandiose del Congresso, si chiuse con la benedizione eucaristica impartita dal card. Legato.

    Scioltasi l’adunanza, la folla salì sulla collina di Byrsa per l’assemblea generale, che si doveva tenere nella Cattedrale che domina l’ampia distesa della pianura. All’ombra delle sue torri, dopo vari inni cantati da un coro di ragazzi, la moltitudine ascoltò il discorso del sacerdote Gerardo Philips, professore del Seminario di Liegi; il quale trattò della presenza reale di Gesù nell’Eucaristia secondo S. Agostino e i Padri della Chiesa Africana.

    Bisogna sottolineare che, al fervore dei cattolici, che andavano giorno per giorno aumentando di numero per il sopraggiungere di nuovi pellegrini, fece degno riscontro l’atteggiamento delle popolazioni locali che seguirono sempre col massimo rispetto ed ammirazione il grandioso succedersi delle manifestazioni eucaristiche.

Le due ultime giornate

    Il secondo giorno del Congresso (9 maggio) ebbe inizio col solenne pontificale celebrato da Mons. Piovella, arcivescovo di Cagliari, sulle rovine della Basilica maior altrimenti detta delle SS. Perpetua e Felicita, con l’assistenza del Cardinale Legato.

    Quanti ricordi di gloria e di tristezza! Qui per secoli avevano dormito, venerate e benedette le ossa martoriate di Perpetua e di Felicita, come attesta la lapide sepolcrale, qui scoperta dal P. Delattre: Perpetuae, Filiae dulcissimae, dice il marmo prezioso. Fu dunque lo stesso padre della Santa che appose la lapide. Qui sant’Agostino per cinque volte pronunziò l’elogio delle Sante Martiri. A questa celebrazione assisterono 20.000 fedeli che coprirono il sito antico della basilica distrutta le cui dimensioni e navate sono segnate dai tronchi delle colonne riportate alla luce. Nella città di Tunisi, intanto, lungo tutta la giornata, si susseguivano Messe solenni di Cardinali e Vescovi nelle varie chiese e cappelle di collegi ed orfanotrofi con numerosissime comunioni; il che si continuò, del resto, ogni giorno.

    Nel pomeriggio dello stesso giorno iniziarono anche le riunioni sacerdotali nella Primaziale di Cartagine intorno all’apostolato eucaristico del sacerdote presso il popolo. La stessa riunione si ripeté il sabato intorno al tema della «Santificazione individuale del sacerdote mediante la santa Eucaristia».

    Venuta la notte del venerdì, l’anfiteatro di Cartagine fu testimone di uno spettacolo straordinario: diecimila uomini, con ciascuno in mano una fiaccola accesa, si riunirono fra i ruderi maestosi al trepidare delle fiamme mentre il coro dei Padri Bianchi faceva echeggiare l’altura di canti religiosi che celebravano l’eroismo dei martiri cartaginesi. A quella moltitudine di fedeli in preghiera rivolse la parola il Vescovo di Châlons, indicando nell’Eucaristia la sorgente di vita e fortezza cristiana. La suggestiva cerimonia si chiuse con la benedizione eucaristica impartita dal Cardinal Verdier.

    Un altro spettacolo ancora più singolare e commovente apparve ai fedeli la mattina di sabato 10 maggio: mentre tutte le chiese, anche le più umili cappelle, erano affollate delle schiere di pellegrini, sia per l’adorazione eucaristica che per la Messa, nell’anfiteatro si celebrò un solenne Pontificale.

    Nel centro dell’arena sta un sotterraneo, dove si tenevano i martiri prigionieri. Questo sotterraneo, scoperto nel 1881, fu convertito in cappella dal Card. Lavigerie, quale memoria delle martiri Felicita e Perpetua, come si legge su l’arco d’ingresso: Memoriae SS. Perpetuae, Felicitatis, et Sociorum martyrum Carthaginiensium, ubi passi sunt.

    Ora in questa Cappella si formò il maestoso corteo, che venne lentamente alla luce del giorno. Dietro la croce venivano quaranta Vescovi, i Cardinali Van Roey, Charost e Verdier e, infine, i ministri del Pontificale celebrato da Mons. Dubois di Villerabel. L’apparizione del corteo, che avanzava per l’arena e saliva alla tribuna dell’altare, fu salutata da vivissimi applausi, mentre la banda municipale e i cori eseguivano il canto iniziale. Il Pontificale si svolse in tutta la maestà del rito: all’elevazione i soldati senegalesi presentarono le armi, s’inchinarono tutte le numerose bandiere e l’inno del Congresso echeggiò in un coro meraviglioso di migliaia e migliaia di voci.

    L’entusiasmo crebbe ancora nel pomeriggio quando, durante la sessione plenaria, prese la parola l’accademico di Francia Luigi Bertrand, autore di «Sanguis Martyrum» e di una biografia di S. Agostino. L’oratore riprese la storia gloriosa dall’antica Chiesa africana, illustrando particolarmente il martirio di Felicita e Perpetua e soffermandosi sul genio di Agostino e l’ardore del suo zelo pastorale. Con questa conferenza terminarono le sessioni plenarie.

La chiusura del Congresso

    Alle 10 di domenica 11 maggio, l’ultimo pontificale solenne del Congresso fu celebrato dal card. Legato sulle rovine della basilica di S. Cipriano, alla presenza di non meno di 50.000 persone, sparse un po’ dappertutto sui pendii delle colline circostanti. Accanto all’altare avevano preso posto sette Cardinali, il Residente Generale francese in divisa di gala, e ottanta fra Arcivescovi e Vescovi. Il Legato, nell’omelia pronunciata dopo il Vangelo, innalzò un inno di benedizione a Gesù, presente agli inizi della Chiesa attraverso le migliaia di confessori della fede; presente nell’Eucaristia e presente per sempre nel suo Regno.

    Per la processione trionfale che doveva coronare gloriosamente le attività eucaristiche, oltre alle migliaia e migliaia di pellegrini, erano affluiti a Cartagine numerosi gruppi di fedeli da Tunisi e dintorni; così che furono 80.000 i fedeli osannanti al passaggio di Gesù in Sacramento. La processione cominciò a snodarsi dalle porte della Primaziale cartaginese. Era aperta dagli alunni delle scuole guidati dai loro maestri cui seguivano le confraternite, le associazioni, le rappresentanze di oltre venti nazioni con le loro bandiere, migliaia di sacerdoti venuti da lontano, i religiosi e gli ecclesiastici residenti a Tunisi. Veniva poi la schiera di prelati, di Vescovi e i sette Cardinali che scortavano il Santissimo Sacramento portato dal Legato. Il corteo, a cui presero parte autorità civili e militari, un gruppo di 30 fra senatori e deputati francesi, drappelli di marinai, i membri del Comitato per i Congressi Eucaristici internazionali e un folto stuolo di Padri Bianchi, fra l’ondeggiare dei vessilli e sotto una continua pioggia di fiori discese lentamente la collina fino ai margini della pianura, sostò all’anfiteatro, indi con ampio giro riguadagnò l’altura e si fermò sulla spianata.

    Il Cardinal Legato, dall’alto balcone della Cattedrale, benedisse la folla. Mentre la grande assemblea si scioglieva, a Cartagine già palpitavano nell’aria della sera le fiamme delle luminarie, a cui rispondeva il tremolio delle fiaccole di Tunisi.

    Prima di lasciare la terra africana il Legato Pontificio, circondato da tutte le autorità ecclesiastiche intervenute al Congresso, la mattina del l0 maggio benedisse la prima pietra del nuovo Seminario diocesano di Cartagine, degno monumento per ricordare le trionfali giornate eucaristiche.

    A qualcuno era sembrata assurda la convocazione di un Congresso Eucaristico internazionale in quello che era definito un deserto. Ma il deserto fiorì e ciò che sembrava follia agli occhi degli uomini fu benedetto da Dio così che il Congresso di Cartagine fu degno degli altri che lo avevano preceduto.

 

Nella foto di testa: il Legato Pontificio Cardinale Alexis-Henri-Marie Lépicier con un missionario del "padri bianchi".

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