TESTA.MONACO

 

37. MONACO DI BAVIERA (Germania) dal 31 luglio al 7 agosto 1960.

Organizzato da: Cardinal Giuseppe Wendel, Arcivescovo di Monaco.

Presidente: Legato Pontificio Cardinale Gustavo Testa.

Segretario generale: Mons. Johannes Neuhäusler.

Tema degli studi:

"Pro mundi vita". Per la vita del mondo.

    I Congressi Eucaristici Internazionali, nella loro lunga storia, hanno vissuto progressivi approfondimenti arricchendosi di quanto il magistero della Chiesa, il movimento liturgico, quello biblico, patristico ed ecumenico venivano immettendo nel corpo vivo della comunità cristiana. Così, per esempio, mentre i Congressi incominciano ad internazionalizzarsi, a partire dal 1906, il Papa invia regolarmente un suo rappresentante personale o Legato a presiedere in suo nome queste solenni manifestazioni eucaristiche. Questo gesto non si limita solo a dare  una maggiore solennità ai Congressi ma piuttosto ad attribuire loro valore di manifestazione «cattolica», cioè universale, attraverso la presenza del Papa nella persona del suo legato. In tal senso, da allora in poi, i Congressi eucaristici internazionali divennero manifestazioni visibili privilegiate della cattolicità della Chiesa.

    Con il Congresso di Rio de Janeiro (1955) incomincia a manifestarsi un altro cambiamento fondamentale: il culmine delle celebrazioni diventa  la santa messa, celebrata dal cardinale Legato. Per comprendere il valore di questo mutamento di prospettive, occorre rifarsi alle idee che hanno presieduto alla nascita ed allo sviluppo del concetto stesso di Congresso eucaristico internazionale. 

    Le idee che sin dal principio stanno a fondamento del movimento dei Congressi eucaristici possono ridursi alle seguenti: adorazione e glorificazione sociale dell'Eucaristia in riparazione soprattutto del peccato di “apostasia” da Gesù Cristo, che ha contrassegnato il secolo XIX; salvezza del mondo per mezzo dell'Eucaristia. Tali congressi dovevano essere perciò grandi manifestazioni religiose, in cui i fedeli, di fronte ad un mondo ostile al cristianesimo ed al soprannaturale, proclamavano la loro fede in Gesù Cristo, vivente nell'Eucaristia, l'adoravano, lo ricevevano, lo presentavano al mondo come salvezza degli uomini.

     Per questo, fino al Congresso di Budapest del 1938 si era posto soprattutto l’accento sulla processione che accentrava lo splendore della manifestazione. A Montreal durò sette ore, a Malta e a Budapest si svolse sui battelli, a Vienna si snodò, fantastica, lungo il Ring. La Messa, anche se celebrata in solenni pontificali, veniva considerata come una manifestazione secondaria del programma mentre la Comunione costituiva il terzo punto del programma. Anche se solennizzata, essa era una manifestazione a sé, del tutto corrispondente all’isolamento della Comunione in vigore dal secolo XVIII.

Un «avanzamento dell’orologio teologico»

Con felice intuito, il grande liturgista gesuita J. A. Jungmann, sviluppando un’idea che risaliva alla fine degli anni Trenta del Novecento,  ha visto nei Congressi eucaristici delle grandiose Feste stazionali dell'intera Chiesa cattolica. Per comprendere questa concezione occorre rifarsi alla pratica delle  Stationes assai fiorenti nell’antica chiesa di Roma. In alcuni giorni determinati, particolarmente in quaresima, il vescovo di Roma, il Papa, invitava i fedeli della città a partecipare ad una comune solenne celebrazione eucaristica in alcune chiese designate che diventavano punto d'incontro dei fedeli attorno al Papa e al suo clero. Scopo di quelle solenni riunioni liturgiche era mettere in risalto l'unità dei fedeli nell'unico Corpo di Cristo attraverso la celebrazione dell'unico sacrificio.

    Secondo questa prospettiva, i Congressi eucaristici internazionali vanno considerati come una traduzione moderna delle antiche Stationes; non più, però, soltanto Stationes Urbis, di Roma o di un'altra città, ma Stationes Orbis, cioè di tutto il «popolo di Dio» radunato nella Chiesa dai quattro angoli della terra. Nei Congressi eucaristici internazionali, i cattolici di tutto il mondo, vanno pellegrini verso una città scelta di volta in volta per partecipare alla messa, celebrata dal Legato pontificio. In questa specie di grande anno liturgico che è la storia del mondo, la Chiesa, ogni quattro anni, si raduna in queste Stationes che sono i Congressi Eucaristici  quasi ad attingere nuovo vigore per il suo duro cammino.

    L’idea maturata da Jungmann fu accolta con favore dal cardinal Wendel che non si diede pace finché forma e contenuto del Congresso non si conformarono ai risultati approvati dal lavoro del rinnovamento liturgico. A questa traduzione moderna delle antiche stationes diede infine il suo incoraggiante suggello lo stesso Giovanni XXIII il quale – nella lettera autografa per l’invio del suo Legato, il card. Gustavo Testa – approvò espressamente la rinnovata impostazione del congresso tedesco, raccomandando che esso corrispondesse ad una liturgica statio simile a quelle tenute a Roma durante il tempo quaresimale: una statio – sottolineava per l’appunto – «non Urbis sed orbis»: «Deve essere una funzione per l’intero globo, dove folle di devoti rivolgono fervide preghiere al cielo per la Chiesa militante e per le necessità del mondo. Noi applaudiamo a questo devoto pensiero…».

    La celebrazione dell’Eucaristia, in cui la chiesa universale diveniva percepibile e visibile come corpo mistico di Cristo, diede al Congresso di Monaco un’impronta particolare ed evidenziò con grande chiarezza la preminenza della celebrazione nei confronti del culto eucaristico fuori della Messa. In questo senso il congresso di Monaco del 1960 segnò un’importante evoluzione non solo per una più accentuata preoccupazione ecumenica ma anche per lo sforzo dispiegato al fine di integrare al massimo la manifestazione congressuale con il rinnovamento liturgico contemporaneo.

    «Non avrebbe senso – sottolineava ancora Jungmann – e sarebbe di nessuna utilità, magnificare gli splendori dell’Eucaristia, se non ci fosse il popolo santo che viene nutrito dall’Eucaristia e il cui spirito è guidato dalla legge del Signore. Non è l’Eucaristia lo scopo di queste manifestazioni di fede, ma il popolo di Dio». Queste nuove ragioni teologiche dei Congressi emerse a Monaco di Baviera saranno poi in gran parte riprese nel rituale De sacra communione et cultu mysterii eucharistici extra Missam, emanato il 21 giugno 1973, che rinnova la visione del culto eucaristico secondo i principi del Vaticano II.

    In poche parole, il Congresso eucaristico di Monaco «ha fatto avanzare l’orologio teologico» ricollocando l’Eucaristia all’interno della celebrazione liturgica, suo alveo originario e naturale.

Il Congresso come un triduo pasquale

    Gli organizzatori del Congresso di Monaco pensarono di collocare l'Eucaristia nel suo centro naturale, il mistero pasquale: perciò, nei quattro giorni in cui esso si svolse - i giorni dal 31 luglio al 3 agosto furono solo preparatori - si tennero delle cerimonie ispirate ai riti della settimana santa. Giovedì, 4 agosto, in ricordo dell'istituzione dell'Eucaristia, sacramento d'amore, e del sacerdozio, divenne la «giornata del sacerdozio e dell'amore fraterno» con ordinazioni sacerdotali in diverse chiese ed agapi fraterne nelle parrocchie della città. Venerdì, 5 agosto, fu «la giornata della croce»: nella mattinata, i giovani pellegrinarono a Dachau, dove, durante la guerra, funzionò il famigerato campo di concentramento nazista; alla sera poi, ci fu l'adorazione della croce seguita dall'adorazione eucaristica notturna. «Giornata della luce» fu invece il sabato, 6 agosto, con numerosi incontri e manifestazioni e, nella celebrazione serale, la rinnovazione dei voti battesimali. Il culmine del Congresso fu la celebrazione della Statio orbis domenica 7 agosto. Ad essa fece seguito la processione eucaristica e la benedizione col SS.mo Sacramento. Un solenne Te Deum di ringraziamento chiuse il Congresso mentre tutte le campane della città sonavano a festa. Ma vediamo più da vicino lo svolgimento di questo straordinario evento ecclesiale.

Domenica 31 luglio

    Sotto un’improvvisa ondata di caldo giunta sulla città, domenica 31 luglio si celebrò il Pontificale di apertura. Già alcune ore prima dell'inizio, i fedeli gremivano la Odeonsplatz e le strade adiacenti. Il panorama che si offriva era straordinariamente bello: l'imponente facciata barocca della Chiesa dei Teatini, la classica Feldherrnhalle e la facciata rinascimentale della Residenza formavano la cornice architettonica. I giovani di Monaco avevano ornato la piazza stendendo sopra l'altare il grande arazzo  del Corpus Domini che rappresentava l’Ultima Cena e collocando vasi di fiori con gladioli bianchi e gialli erano attorno all'altare e sotto le arcate degli edifici. Accanto agli stendardi della città di Monaco, facevano bella mostra altri arazzi con i simboli dei diversi decanati.

    Tra gli ospiti d'onore vi erano i presidenti del parlamento e del senato bavarese, numerosi ministri, sindaci, rappresentanti delle università, delle associazioni pubbliche, delle organizzazioni comunali e degli ordini cavallereschi religiosi. Quando dalle torri della chiesa dei Teatini scoccarono le dieci, si aprì il portale principale del tempio e, tra il suono festoso delle fanfare, avanzò il corteo aperto da 50 sacerdoti con le pissidi; seguivano Arcivescovi e Vescovi da tutte le parti del mondo, 7 Cardinali con la loro porpora fiammante, seguiti dal Cardinal Giuseppe Wendel in abiti pontificali.

    Mentre si intonava l'introito, il celebrante iniziò «versus populum» la celebrazione. Dopo la proclamazione del Vangelo in tedesco, nella sua omelia il Cardinale Wendel spiegò il motto del Congresso: «Pro mundi vita» ricordando che il Congresso Eucaristico Internazionale intende essere una viva testimonianza della vita nuova e vera che sgorga dall’Eucaristia.

    Con la partecipazione a questa vita, aggiungeva, si forma una comunità che è la famiglia di Dio: la Chiesa. «Questa famiglia di Dio viene, da tutte le parti del mondo, alla statio orbis del Congresso Eucaristico Internazionale, si fa visibile nella sua grandezza ed ampiezza, nella sua molteplicità e nella sua unità, si dispiega, simile al fiore della passione, dal calice del sacrificio del Signore».

    Sul selciato della piazza normalmente percorso dal traffico della grande città, sotto un sole cocente si inginocchiarono migliaia di persone per ricevere la santa Comunione.

L’arrivo del Legato Papale

    Alle ore 5 precise, un quadrimotore speciale depositò sulla pista dell'aeroporto di Monaco il Cardinale Legato che fu accolto con il cerimoniale in uso solo per i capi di stato. Dopo il suono dei rispettivi inni nazionali ed i saluti delle autorità, il Cardinal Testa prese la parola per ringraziare ed esprimere la sua gioia per essere a Monaco come inviato del Papa per  il Congresso Internazionale. Il porporato, infatti era già stato a monaco come “uditore” con l’ultimo nunzio in Monaco fino al 1928. Le parole del Cardinale furono accolte cordialmente da tutti coloro che erano presenti al suo arrivo. Lasciando l'aeroporto per recarsi al centro della città, la colonna di macchine attraversò vie affollate di gente che voleva vedere e salutare il rappresentante del Santo Padre.

    Sulla Marienplaz, la piazza antistante il municipio di Monaco, dove 50 mila fedeli erano in attesa del Legato papale, tutto era stato preparato per l’accoglienza: colori vivaci, ghirlande variopinte, drappi di seta e stendardi fruscianti al vento.

    Accanto al baldacchino preparato per il rappresentante del Santo Padre, avevano preso posto i nove cardinali già arrivati in città. Di fronte ad essi, tutti insieme, più di cento vescovi. Al canto del «Tu es Petrus», l'inviato di Giovanni XXIII salì il trono, fiancheggiato dai labari delle associazioni cattoliche.

    Dopo la lettura, in latino, della la bolla pontificia che nominava il cardinal Testa, Legato del santo Padre e nella quale, riferendosi all'idea della Statio orbis, il santo Padre diceva: «Questo pio pensiero incontra tutto il nostro compiacimento e vorremmo subito spiegare per quali intenzioni, in questi giorni, i fedeli devono soprattutto pregare. Si tratta, infatti, delle stesse preoccupazioni che ci hanno indotto a convocare il concilio ecumenico. Implorate da Dio, durante il congresso - ed in questo, tutti dovrebbero essere d'accordo - che il cosiddetto materialismo che scalza la vita morale degli uomini ceda il passo e venga superato da più alti valori spirituali... ».

    Alle parole di benvenuto dell’arcivescovo di Monaco, cardinal  Wendel e del patriarca di Odessa, José da Costa Nunes, presidente del comitato permanente dei congressi eucaristici internazionali, il Legato rispose commosso, interrotto spesso da nutriti applausi. Infine, il suono della campane delle chiese di Monaco si confuse con l’inno: «Una casa piena di gloria...», cantato da tutto il popolo mentre, tra due fitte ali di popolo, la processione dei  dignitari raggiungeva il duomo per l'entrata solenne del Cardinal Testa. La festa di accoglienza si concluse in serata con il ricevimento offerto dalla città al Cardinale Legato nel vecchio municipio, affollato da cardinali, vescovi, superiori maggiori di ordini religiosi, abati ed altri dignitari cattolici delle cinque parti del mondo, con eminenti personalità della vita politica e culturale della città di Monaco.

Lunedì 1 agosto

    Al mattino la città era sovrastata da giganteschi banchi di nubi e la pioggia scrosciava. In più di cento chiese parrocchiali della città, cardinali, vescovi e sacerdoti da tutte le parti del mondo e di tutte le razze, celebrarono la Messa. Secondo l’uso delle popolazioni tedesche c’erano, quasi in anticipo sul rinnovamento liturgico sancito poi dal Concilio, messe lette di comunità, messe dialogate, messe con canti e preghiere, messe cantate con inni in tedesco, messe con canti latini a più voci e messe corali. In tal modo, venne presentato ciò l’assillo dei pastori d'anime di sempre: la vera partecipazione attiva di tutto il popolo cristiano alla santa Messa.

    Nel complesso fieristico della Bayernhalle ebbe luogo l’incontro delle donne. La segreteria del congresso aveva previsto la presenza di tremila persone; ne vennero oltre quindicimila, così che all'ultimo minuto, per dare a tutte la possibilità di partecipare, almeno acusticamente, alla cerimonia, furono collegati, con l'altoparlante, altri cinque padiglioni. Celebrò l’Eucaristia il vescovo di Basilea e Lugano, monsignore Franziskus von Streng, il quale, nella predica, anticipò le relazioni che seguirono

    Alla conclusione della Messa parlò la presidente delle madri cattoliche tedesche  sul tema «La donna come trasmettitrice della vita eucaristica». «Non possiamo accostarci tranquille all'altare – disse la signora Marianne Dirks - quando abbiamo la consapevolezza che ci sono delle persone che non hanno a sufficienza da mangiare. Non dimentichiamo che Cristo ci esorta a prenderei a cuore, anche nelle loro necessità materiali, dei nostri fratelli che hanno fame»..

    La relazione principale fu tenuta da monsignor Theodor Schnitzler che illustrò lo stretto legame tra Eucaristia e matrimonio: il matrimonio si fortifica nella celebrazione eucaristica, l'Eucaristia trova la sua ragione d'essere nella vita di famiglia dei fedeli.

    Sempre nelle prime ore del mattino, una lunga colonna di auto, scortata dalla polizia, si mosse per raggiungere Oberammergau. Il legato papale, accompagnato da numerosi Vescovi, vi si recò per assistere alla famosissima rappresentazione della passione. Anche ad Erl nel Tirolo, si rappresentò, in occasione del Congresso eucaristico internazionale, l'antichissimo mistero della passione. I congressisti ebbero occasione, nelle due località, di «vivere» un momento straordinario di devozione popolare.

    La giornata era ricca anche di altre manifestazioni particolari. Ebbe inizio, per esempio, l’incontro francescano del Terzordine  nel quale, dopo messa pontificale celebrata dal Vescovo di Essen, Franz Hensbach, i partecipanti presero posizione sui più importanti problemi del tempo.

    Nell'aula magna dell'università, tenne i suoi lavori il congresso scientifico internazionale che discusse il tema: «Il culto e l'uomo del nostro tempo». Studiosi di tutto il mondo vi presero la parola offrendo ai partecipanti l'occasione di formarsi un concetto, in parte sorprendente, sulla situazione religiosa di altri popoli. Risultò, quasi da ogni relazione, che l'uomo come tale, per la sua natura, ha bisogno del culto, se non vuole perdersi in se stesso, distruggendo, in questa forma, la società.

    Grande eco ebbero nell'opinione pubblica le numerose altre manifestazioni particolari. Il cardinale di Agostino Bea, così espresse le proprie impressioni sulle manifestazioni speciali: «Dovendo caratterizzare il congresso di Monaco, prescindendo dal suo lato religioso, credo si possa affermare che è l'unità nella molteplicità. Nella mia vita ho visto molte cose, ma mai l'universalità della Chiesa cattolica ha avuto una tale dimostrazione come qui a Monaco».

Martedì 2 agosto

    Nonostante il tempo fosse piovoso, i Congressisti ebbero modo, soprattutto in questa giornata, di visitare almeno alcune delle le sedici grandi esposizioni preparate in vista del Congresso. Tra di esse bisogna ricordare «Eucharistia», grandiosa rassegna di soggetti eucaristici nell'arte tedesca, particolarmente nella pittura e nell’oreficeria. Una singolare, imponente panoramica del folklore bavarese nelle manifestazioni di pietà si poteva trovare visitando «Bayrische Prommigkeit». «La Chiesa in Baviera nel Medio Evo» esponeva un’eccellente raccolta di manoscritti e documenti di proprietà dello stato bavarese; «Edilizia sacra in Germania» informava sui uoghi di culto tedeschi antichi e moderni.. Solo queste esposizioni furono visitate da quasi un milione di persone!

    I primi giorni del congresso furono anche ricchi di manifestazioni artistiche radunate in un corposo programma culturale. Segnaliamo soltanto  la pregevole esecuzione della grande Messa, in la minore, di  Johann Sebastian Bach; le composizioni di artisti, antichi e moderni, su temi cristiani rappresentati nei teatri di Monaco; la serata di gala offerta dall'opera di stato bavarese con l'opera «Giovanna sul rogo», libretto di Paul Claudel, musica di Arthur Honegger.

    Già in questi primi giorni, il Congresso mise in mostra la sua forza morale, frutto anche della buona volontà degli abitanti di Monaco che fecero quanto stava in loro potere per la buona riuscita dell’evento. La città era come percorsa da una nuova atmosfera, basata sulla cordialità, sulla reciproca comprensione. Lo notarono anche i giornalisti.

    Sul «Rheiniscbe Post» del 2 agosto, all’interno di un ampio servizio che coglieva le immagini marginali del congresso, si leggeva: «Molti abitanti di Monaco si lasciano trasportare dall'atmosfera internazionale. Su un milione di abitanti, 800.000 sono cattolici. Ho scorto una “nonnina” in una casa che dà su un'arteria dove passano le grosse auto, piene di valige, dei pellegrini. Versava acque nei barattoli di conserva dove, alle pareti della sua abitazione, aveva messo i rami di betulla, come ornamento. Le chiesi se l'addobbo delle case fosse stato organizzato dal parroco. Mi rispose in un inconfondibile dialetto bavarese: è possibile ma io non glielo so dire: non sono cattolica! E continuò a versare acqua sulle ghirlande del 37° Congresso eucaristico internazionale». Insomma, Monaco era preparata, era «sintonizzata» per il primo grande «raduno», attorno all'altare del piazzale delle manifestazioni che avrebbe dovuto aver luogo l'indomani.

Mercoledì 3 agosto

    In mattinata, nel duomo di Monaco, il cardinal Wendel celebrò la Messa di prima comunione per 6.000 bambini accompagnati dai loro genitori. Con la sua ben nota maestria, l’arcivescovo si conquistò subito, nella predica, l'attenzione di tutti quei bambini. Disse parole adatte a loro poi si rivolse ai genitori, per spiegare l'importanza di quel giorno per tutta la famiglia: «Quale mamma non si rallegra quando il figlio, a tavola, per la prima volta, anche se un po' impacciato, mangia da solo? Bisogna guidargli ancora la mano, porgergli il cucchiaio… Oggi, nella famiglia di Dio, assistiamo, a questa grande giornata: i figli si avvicinano al desco familiare, dove il Signore porge loro il suo cibo».

    Nel frattempo, gli alunni delle scuole dell’arcidiocesi, si incontrarono su un prato del comprensorio fieristico. Celebrò per loro la santa Messa, in paramenti bianchi, un  vescovo del Sudan. Durante la Messa, insieme con le migliaia di ragazzi tedeschi; risuonarono anche preghiere e canti di gruppi di giovani asiatici, africani e del mondo orientale che vissero, in quel giorno, l'universalità della Chiesa di Dio.

    Molti missionari e missionarie, laici, sacerdoti provenienti dal terzo mondo, poterono compiere il lungo e costoso viaggio dal loro Paese a Monaco grazie all’azione dei «Gabbiano d’argento» che, con la loro azione permisero di riunire nella città tedesca, lavoratori da tutta la vigna del Signore  affinché potessero un riposarsi un poco dal difficile lavoro al servizio del Vangelo e attingere nuove forze. All’incontro festoso di quanti avevano potuto così raggiungere il Congresso erano presenti rappresentanti di tutte le razze: eschimesi e cinesi, abitanti della Terra del fuoco e discendenti di cacciatori di teste. Accanto alle vesti rosse e violette dei dignitari ecclesiastici, i bianchi vestiti delle donne vietnamite, gli screziati sahri delle indiane, la divisa di un gaucho argentino ed il copricapo degli egiziani… Uno straordinario quadro d'intesa tra i popoli e di unità nella fede.

Apertura della «Statio orbis»

    La sera di mercoledì, davanti a 250.000 fedeli di tutto il mondo radunati sul piazzale delle manifestazioni, con tutto lo splendore della liturgia, il cardinal Legato dichiarò aperta la Statio Orbis. Le note festose delle fanfare - già familiari ai congressisti - risuonarono, attraverso gli altoparlanti, poco dopo le 20 mentre una calde notte estiva stava per scendere sulla città. Oltre 200 Arcivescovi e Vescovi, seguiti da 16 Cardinali avanzarono in corteo solenne, verso i loro seggi ai piedi del gigantesco altare. Il piazzale delle manifestazioni univa, per la prima volta, nella settimana del congresso, tutti i fedeli attorno all'altare della Chiesa universale che era sormontato da un baldacchino ornato a festa, simile alla « tenda di Dio tra gli uomini».

    All'inizio della celebrazione, dopo le laudes di saluto ai rappresentanti di tutti i popoli cantate, alternativamente, dalla schola e dal popolo, il Cardinal Giuseppe Wendel si rivolse al Legato pontificio pregandolo «di dichiarare aperta, per misericordia di Dio e benevolenza della Santa Sede, la Statio dell'intero orbe cattolico, in onore della Santissima Eucaristia». Il legato rispose: «In onore e gloria di Dio onnipotente e per accrescere in tutti i popoli cristiani il culto alla SS. Eucaristia, oggi 3 agosto dell'anno di salute 1960, dichiariamo aperto questo congresso in onore della SS. Eucaristia».

    Il discorso centrale fu tenuta dal  Cardinale Julius Doepfner, vescovo di Berlino, che parlò della «attesa dei popoli», ponendo il Congresso ed il suo messaggio tra le preoccupazioni, le angosce, le aspettative e le speranze del nostro mondo. Diceva ancora: «Noi vogliamo vivere più a lungo: ogni malattia viene combattuta come nemica della vita. Si riuscirà un giorno - e ce lo si augura segretamente - a debellare anche la morte? Noi vogliamo vivere meglio: le abitazioni devono diventare più belle, la nostra giornata più confortevole, la libertà più piena. Vogliamo guadagnare di più, vogliamo che il benessere aumenti, vogliamo godere senza preoccupazioni: sono mete verso le quali l'uomo tende e che anche raggiunge. Vogliamo un'esistenza più sicura: abbiamo bisogno perciò della pace tra i popoli, di tranquillità nel nostro Paese… In questo sono tutti d'accordo: cristiani e non cristiani, marxisti e rappresentanti di un ordine sociale liberale. Tutti vogliono costruire un mondo dove regni la pace, la gioia e la prosperità, dove dunque la vita si dispieghi in ricchezza e dignità umana».

    Ma a questo desiderio di vita si accompagna anche la paura della morte, la paura delle armi atomiche e della distruzione, la paura della guerra e della sovrappopolazione del globo, la paura della fame e della solitudine. «A tutti Cristo, il Signore, dice: “Il pane che io vi darò è la mia carne per la vita del mondo”. Sono parole che colpiscono in radice la paura della morte giacché essa, per mezzo del sacrificio di Nostro Signore, diventa fonte di vita».
Il Santissimo Sacramento giunse sull’altare del Congresso provenendo dalla vicina Chiesa di San Paolo. Mentre l’ostensorio veniva esposto posta sulla grande mensa del sacrificio, risuonarono gli inni di lode e le intercessioni. Tutti si inginocchiarono infine devotamente per la benedizione eucaristica. Il congresso era maturo per il suo Giovedì Santo.

Giovedì 4 agosto

    Il giovedì santo il Cristo ha unito l'istituzione dell'Eucaristia con la lavanda dei piedi dando ci un esempio concreto di vero amor del prossimo. E ancora, durante l'ultima cena, egli ha istituito il sacerdozio ministeriale. Per ricordare tutto ciò, questo giovedì del congresso fu considerato «il giorno dell'amore e del sacerdozio».

    In mattinata, in undici chiese della città, furono ordinato 81 nuovi presbiteri provenienti da molte nazioni e rappresentanti tutte le razze. Nello stesso tempo, ebbe luogo nella chiesa di Sant'Anna, la consacrazione episcopale di un vescovo di rito bizantino.

    tema delle omelie tenute durante le messe del mattino fu la carità. I circa cento oratori, tedeschi e stranieri, affermarono che ogni vita liturgica sarebbe inattendibile, e e potrebbe diventare uno scandalo per il mondo, senza l’amore concreto e generoso di coloro che prendono parte al Sacrificio eucaristico.

Le agapi fraterne

    Espressione dell’amore cristiano furono le “agapi”, banchetti fraterni tra quanti partecipavano la Congresso offerte nelle diverse parrocchie di Monaco. Per fare un esempio scegliamo quella in cui fece «gli onori di casa» il Legato papale. Nella grande sala della Hojbrduhaus di Monaco si erano radunati 650 ospiti tra vescovi, sacerdoti, laici provenienti da tutte le parti del mondo. I tavoli erano ornate di fiori e ghirlande.

    Su dei cartellini si leggeva: «In molti ci hanno fraternamente aiutato a preparare questo banchetto. Il vino fu donato dai cattolici del Palatinato, il grano per il pane lo inviarono cattolici d'America; le donne bavaresi regalarono la frutta. Ornarono la sala, i giovani di Monaco; prepararono le tavole, donne e le ragazze della città. Servono ai tavoli alunni di tutte le diocesi tedesche». Dopo il canto iniziale il Legato papale disse: «Attorno al pane ed al vino, gli uomini diventano di nuovo fratelli. Consumiamo in gioia e semplicità di cuore questo banchetto e possa rimanere sempre vivo in noi e in nelle diverse parrocchie, lo spirito che ci accompagna celebrando questa agape». Poi il cardinal Testa benedisse sei ceste di pane e circa 25 anfore di vino, preparate su una tavola ed insieme con il cardinal di Monaco, passò per i tavoli offrendo il pane a ciascuno dei commensali.

    Il messaggio del Congresso fu trasmesso in molti incontri e in molti modi. Monsignore dr. Theodor Schnitzler parlò, nella chiesa di san Michele, ai sacerdoti intrattenendoli sulle diverse forme della pietà e del culto eucaristico. Al parco delle esposizioni, si incontrarono gli aderenti al movimento della Pax Romana; i membri della caritas internationalis si radunarono nella grande sala del Deutsches Museum per riflettere su «Il nuovo comandamento: missione ed opere della Caritas».

    In sei padiglioni del parco delle esposizioni ebbero, luogo, parallelamente, in tedesco, inglese, italiano, francese, spagnolo, portoghese, gli incontri delle associazioni cattoliche degli educatori. Infine, la missione globale della Chiesa divenne visibile nelle manifestazioni missionarie del congresso, che iniziarono giovedì con un raduno sul tema: «L'Asia e l'Eucaristia». Nonostante il caldo soffocante, 5.000 persone si affollarono in un gigantesco padiglione del comprensorio fieristico.

La lavanda dei piedi

    La giornata toccò il suo culmine, quando ormai scendeva la sera, con la solenne celebrazione eucaristica al piazzale delle manifestazioni, intorno motto «Eucaristia e sacerdozio». Presiedette la messa il cardinal Agostino Bea mentre l’omelia fu tenuta dall'arcivescovo Corrado Bafile nunzio apostolico in Germania. L'oratore ricordò il dovere della carità fraterna che ci viene imposto dall'Eucaristia. «Cristo, nell'ultima Cena, ha dato il comandamento supremo del suo amore: amatevi tra di voi, come io vi ho amato. Poi, quasi preparazione all'Eucaristia, ha realizzato la lavanda dei piedi. Il giovedì santo, la Chiesa cattolica ricorda, nella medesima azione liturgica, questi due segni dell'amore del suo maestro e signore, la lavanda dei piedi, cioè, e la SS. Eucaristia. Interpretiamo, quindi, proprio la volontà del Redentore, se noi, celebrando questa commemorazione della passione, ricordiamo - dopo aver pensato all'istituzione dell'Eucaristia e del sacerdozio - l'esempio di Cristo che ha lavato i piedi ai suoi discepoli».

    Dopo l’omelia, il Cardinal legato, il Cardinal Wendel e il Nunzio Apostolico, lavarono i piedi a 48 uomini, quasi a dimostrare che non esiste sacerdozio senza carità cristiana.

    Grande impressione destò nei congressisti stranieri la celebrazione eucaristica realizzata con canti e preghiere in lingua tedesca e con gesti particolari come lo scambio della pace. Si anticipavano nelle celebrazioni del Congresso alcune realtà che sarebbero poi diventate di dominio comune con la riforma conciliare per una partecipazione attiva dei fedeli.

Venerdì 5 agosto

    Il venerdì mattina il grande piazzale delle manifestazioni fu riempito dalle donne provenienti da tutto il mondo che componevano un quadro meraviglioso. Vi erano, nel loro abbigliamento tradizionale,  le donne  dei villaggi alpini, della foresta nera, del Tirolo, delle altre regioni tedesche, le religiose con la varietà infinita dei loro veli,  gli esotici sahri delle ragazze indiane, i tessuti colorati delle africane… La celebrazione fu presieduta dal  cardinale Giuseppe Frings di Colonia, accompagnato all'altare da numerosi altri prelati. L’omelia fu pronunciata dal  cardinal Julius Dopfner sul tema «Eucaristia e esistenza femminile».

    Il porporato presentò molti esempi di donne che, seguendo la Madre di Dio, avevano continuato la passione di Cristo: Caterina da Siena, Rosa da Lima, Hildegarda da Bingen, Germania. Poi parlando del tempo presente, esclamò: «Abbiamo bisogno di madri con cuore grande, generoso che non lascino a desiderare con una pietà priva di amore, amante del proprio comodo. La madre deve portare in famiglia, dalla chiesa, la benedizione per i suoi cari. Cristo ha dato una grande mansione alle donne: illuminare, riscaldare, sanare, consolare; in una parola: devono amare maternamente».

Il pellegrinaggio a Dachau

    Venerdì, il Congresso ricordò la passione di Cristo nell'ex-campo di concentramento di Dachau, là dove per anni ed anni furono perpetrati crimini atroci. Fin dalle prime ore del mattino tremila giovani, partendo dalla tendopoli di Obenwiesenfeld, si misero in marcia verso Dachau. Il pellegrinaggio espiatorio, fatto a piedi, durò cinque ore. Prima di mettersi in cammino, i giovani parteciparono alla Messa celebrata dall'arcivescovo polacco Adam Kozlowiecki.

    Sette motivi di meditazione furono dati per il pellegrinaggio che i giovani di diverse nazionalità compirono cantando inni spirituali e pregando. Ricordarono la persecuzione sotto il regime di Hitler, la persecuzione contro gli ebrei, l'odio di razza, le diverse persecuzioni in atto ai nostri giorni. Pregarono per la pace nel mondo, per la sconfitta della fame e della malattia sulla terra, per la riunificazione della Germania, per loro stessi. Ad attenderli a Dachau c’erano 50.000 persone per partecipare alla cerimonia commemorativa che si tenne sul suolo imbevuto di sangue di tanti martiri..

    Un lettore, in scarne parole, ricordò, all'inizio della cerimonia, le terribili ore del lager di Dachau e di altri dodici campi di concentramento e lo spaventoso bilancio degli uccisi. Poi alcuni ex internati narrarono le loro esperienze in quei luoghi infernali. Tali racconti erano intervallati da brani evangelici della passione di Cristo. Poi rintoccarono  le campane per invitare alla meditazione e alla preghiera. Al termine fu benedetta una cappella dedicata all'agonia di Cristo. L'edificio - in pietre naturali, a forma di torre – ricorderà i martiri della persecuzione nazista.

L’Africa e la croce

    Venerdì pomeriggio si tenne la seconda grande manifestazione missionaria proprio mentre la crisi del Congo giungeva al suo culmine con sanguinosi scontri. Gli interventi di vescovi e laici africani accolti con entusiasmo a Monaco, delinearono non soltanto il contenuto delle religioni tradizionali del continente ma anche il desiderio diffuso di indipendenza e di liberta dal dominio coloniale e, insieme, la necessità per la Chiesa di inculturarsi per non restare un corpo estraneo sul suolo africano.

    Sebastiano Chale, un uomo politico proveniente dal Tanganica, illustrò concretamente le diverse opzioni con cui l’Africa del tempo doveva confrontarsi: una maggior diffusione dell'Islam, una più vasta penetrazione del comunismo, oppure la costruzione dell'Africa sotto il segno della Croce. Quest’ultima, egli affermava, è la scelta giusta perché Cristo è colui che riconcilia gli uomini, perché  la Chiesa riconosce la stessa dignità di ogni persona e, infine, perché l’uomo peccatore può essere guarito solo con i mezzi di salvezza che esistono nella religione cristiana. Da qui la necessità di pregare per l’Africa, di inculturare la fede nel continente con vescovi e sacerdoti autoctoni e finalmente di una vasta opera di formazione dei laici per far fronte ai giganteschi compiti in tutti i settori vitali.

    «Sembra che Dio – concluse l’oratore - abbia posto nelle nostre mani il più grande dei suoi aratri. Vuole che voi europei aiutiate gli africani a dissodare la loro terra con questo aratro».

    In contemporanea si tenne il raduno dei sacerdoti per la celebrazione dell’Ora santa guidata dal gesuita italiano Riccardo Lombardi.

L’adorazione della croce

    In serata, sulla piazzale delle manifestazioni, si tenne l’adorazione della croce, una delle cerimonie più suggestive del Congresso. Punto culminante fu la lettura di un brano dell'apocalisse di San Giovanni, mentre i primi guizzi di un improvviso temporale solcavano il cielo. D’un tratto, ecco abbattersi sui 200 mila presenti un rovescio di pioggia e grandine. E accadde una cosa meravigliosa: quella moltitudine non si lasciò prendere dal panico né si disperse.

    Tutti rimasero posto mentre il temporale sembrava accanirsi specialmente sull’altare. Il predicatore della serata si sforzava di sovrastare l'ululato del vento e lo scrosciare della pioggia, spiegando ai fedeli «il mistero della croce». La croce, diceva, «è anzitutto il simbolo della sofferenza. Mille nomi ha il dolore: guerra e ribellione, odio e superbia, pigrizia e viltà, menzogna e seduzione, avarizia e cupidigia, abbandono e morte. Il nome che assomma tutte le denominazioni della sofferenza si chiama croce. Ma la croce del Signore non è il simbolo di una disfatta eroica e senza speranza… La Croce di Cristo non rappresenta il naufragio di Dio davanti al mondo peccatore, perché il Crocefisso è risuscitato. Il risorto non muore più. Le sofferenze di tutti coloro che patiscono con Cristo, non sono un naufragio nelle acque del diluvio ma il sicuro passaggio attraverso il Mar Rosso. Non più dolori di morte, ma doglie che accompagnano una nuova nascita».

    Purtroppo, poiché la pioggia non accennava a diminuire d’intensità, il cardinal Wendel interruppe la cerimonia. Così, in poco tempo, la Chiesa di San Paolo, accanto al piazza si riempì dei congressisti di tutto il mondo che trascorsero la notte in preghiera dinanzi al SS. Sacramento.

Sabato 6 agosto

    In quel giorno si celebrava la festa della Trasfigurazione. Invitati al Congresso erano soprattutto i giovani. Gli studenti e dei laureati cattolici si incontrarono nella Bayernhall del comprensorio fieristico. Dopo la Messa celebrata dal Cardinal Lercaro, arcivescovo di Bologna, i diecimila presenti furono intrattenuti dal professore  Karl Rahner di Innsbruck che tenne il discorso ufficiale sul tema «Week-end e giornata del Signore». «Una domenica intesa nel senso materialista o edonista – disse - è un rinnegamento della vera natura umana. La domenica viene celebrata per mezzo del sacrificio eucaristico; in esso risalta efficacemente ciò che significano libertà e grazia nel giorno del Signore: ritrovare Dio e la sua vita eterna.»

    Poi il prof. George N. Shuster, di New Jork, parlò ai presenti sul compito delle scienze naturali che, nel corso dei secoli, hanno scandagliato  la relazione tra natura e l’uomo. «Oggi sappiamo che se l'evoluzione è un principio fondamentale di ogni creazione, ci è noto pure che lo spirito dell'uomo è superiore di molto alla natura. Ai cristiani incombe il dovere di rendere fruttuosi per l'umanità i progressi della scienza, senza dimenticare che i nostri giudizi sono necessariamente unilaterali ed insufficienti».

I giovani al Congresso

    Sulla piazza delle manifestazioni era previsto il raduno di tutti i giovani ma, causa la pioggia che continuava a cadere, la messa per loro fu celebrata dal Cardinale di Bombay Valeriano Gracias nel padiglione più grande del Parco delle esposizioni. E poiché neppure tutti i padiglioni disponibili furono sufficienti a contenere i giovani accorsi, migliaia di essi seguirono le funzioni all'aperto nonostante il maltempo. Il podio su cui si celebrava era circondato da stendardi e labari; nei banchi, all'intorno, avevano preso posto otto gruppi che rappresentavano oriente e occidente, Asia, Africa, il Medio Oriente, il Nord Europa ed i popoli latini.

    Il presidente della commissione episcopale tedesca per la gioventù tenne l’omelia sul tema: «Ut omnes unum sint». Disse: «Pregando per l’unità dei credenti noi ci avviciniamo al centro della SS. Eucaristia che opera l'unità con Cristo e dei cristiani tra loro». E aggiunse che spetta ai giovani lavorare per superare le divisioni che regnano tra le 160 confessioni cristiane sparse nel mondo. Delegazioni dei diversi continenti portarono, all'offertorio, cesti, ornati di fiori e colmi di frutta e pane, per simboleggiare che tutti i popoli della terra erano presenti al Sacrificio eucaristico.

    Terminata la cerimonia religiosa, il tempo si volse al bello e si poté continuare la manifestazione nella piazza circondata da quattrocento labari multicolori preparati dalle ragazze tedesche. Discorsi e parole di saluto furono intramezzate da  danze sacre eseguite da gruppi dell'Ucraina, dell'Irlanda, dell'Indonesia, dell'Etiopia. Infine, davanti al Santissimo Sacramento esposto sull’altare, danzarono delle fanciulle indiane coronando così degnamente la cerimonia eucaristica.

    Labari stendardi delle diverse delegazioni cristiane dei movimenti operai federo da magnifico sfondo all’incontro dei giovani lavoratori di tutto il mondo. Tra i 40.000 presenti furono notati anche 30 arcivescovi e vescovi. Il fondatore della gioventù operaia cattolica, monsignore Cardijn, di Bruxelles, esortò convenuti alla «testimonianza ed all’apostolato eucaristico nella vita di lavoro e nelle relazioni con i colleghi».

    L'oratore insistette sul fatto che la religione ed il culto eucaristico non devono essere separati dalla vita. «Qui non si tratta di estraniarsi, la fede non è l’oppio per dimenticare i problemi quotidiani. Senza lavoro non ci sarebbero i sacramenti, le chiese, gli altari. Tutto è frutto del lavoro. È necessario, quindi, creare relazioni di lavoro orientate dall’Eucaristia».

Una molteplicità di manifestazioni

    Quel sabato si tenne anche una  manifestazione missionaria presieduta dal cardinal Gregorio Agagianian. Attraverso varie relazioni furono trattate le diversità e le possibili relazioni tra cristianesimo ed islam, problema che la società tedesca stava cominciando ad affrontare in seguito alla massiccia emigrazione di lavori turchi. Attraverso alcuni interventi si analizzarono le immagini di Cristo e di Maria nel Corano, le espressioni caritative e sociale di uno stato musulmano, i diritti fondamentali dell’uomo in rapporto a molte usanze di Paesi islamici… Non mancarono voci per invitare alla collaborazione e all’accoglienza vicendevole.  

    Un padre francescano proveniente dal Marocco, invitò maomettani e cristiani «a cercare, da entrambi le parti, in paziente emulazione e sincera ricerca, la verità. Possano tutti i cristiani portare Gesù nel loro cuore onde andare incontro ai non cristiani, con umile fede e bruciante amore».

    Nello stesso tempo, nell’aula magna dell’Università ci fu l’incontro del movimento «Una-Sancta» intorno al problema dell’unità della Chiesa. La gente si accalcava alle porte dell'università, già molto prima dell'inizio della conferenza. L'aula magna, il grande cortile interno, tutti i corridoi e scale adiacenti erano nereggianti di folla. Più di trenta vescovi sedevano nelle prime file: tra essi, il cardinal Julius Dopfner ed il rappresentante dei patriarchi orientali, l'arcivescovo di Damasco.

    Attraverso tre conferenze successive si presentarono al vasto pubblico i nuovi rapporti ecumenici che si stavano delineando anche in vista del Concilio Vaticano II, i primi tentativi di dialogo ecumenico su temi sensibili come l’Eucaristia e dimensione gerarchica della Chiesa e la necessità di un ecumenismo pratico fatto di preghiera e di accoglienza per incominciare a sanare le divisioni.  La cornice musicale alla manifestazione, fu offerta dal coro Giovanni Damasceno che esegui canti delle liturgia orientale.

    Non mancarono neppure, nel pomeriggio, differenti incontri per artigiani, commercianti ed agricoltori nei quali vennero trattati i temi  dell’economia, della riforma sociale ispirata al Vangelo, della dottrina sociale cristiana.

Luce e trasfigurazione

    Poiché la festa della Trasfigurazione del Signore è vissuta con particolare solennità dalla Chiesa d’Oriente, la funzione eucaristica vespertina fu celebrata in rito orientale. Questo servizio divino straordinario, iniziò, dinanzi a molti fedeli, mentre cadeva una leggera pioggia. Al trono, a lato dell'altare, aveva preso posto, circondato da numeroso clero, sua beatitudine il patriarca Massimo IV Saigh.. Primo celebrante era il metropolita ucraino di Winnipeg con il quale concelebravano dodici arcivescovi e vescovi e cinque sacerdoti.

    «Per i presenti, raccolti e devoti, quelle due ore di cerimonie sacre, all'aperto, di sera, sono state molto più che un godimento musicale. L'elegante movimento, quasi musicale, dei barbuti dignitari ecclesiastici all'altare, la loro profonda pietà, il vigoroso canto di stupende voci virili con l'invocazione che sempre si ripeteva “Gospodin… Signore, ebbero un singolare effetto sui presenti che si sentirono come trasportati e vissero pienamente la cerimonia» (Rheinischer M erkur, Colonia).

    L’omelia fu tenuta dal Cardinale Franz Konig di Vienna dopo la funzione, alla radio, causa le cattive condizioni atmosferiche. Al Vangelo seguì la rinnovazione delle promesse battesimali: «Ci siamo qui radunati da tutte le parti del mondo, dall'oriente e dall'occidente, dal nord e dal sud, per celebrare, in amore fraterno, il mistero di fede che il Signore, la sera prima della passione, ci lasciò come suo testamento. Pensiamo, in questa ora santa, con tutta la forza del nostro spirito e del nostro cuore, al grande dono elargitoci da Dio. Come espressione della nostra riconoscenza e della nostra costante devozione, rinnoviamo insieme quelle sante promesse battesimali che un giorno i padrini hanno fatto per noi»

     Alle candele dell'altare vennero accesi dei ceri distribuiti ai presenti così che ben presto tutto il piazzale fu illuminato. I lumi nelle mani dei congressisti erano il segno del loro impegno a trasmettere la luce di Cristo. Al termine della celebrazione, i partecipanti tornarono in città  con le candele accese in mano. Anche le finestre della case erano illuminate di innumerevoli luci.

Domenica 7 agosto

    La giornata conclusiva del Congresso nella quale tutto il mondo cattolico era invitato alla mensa del Signore per la statio orbis, cominciò con un cielo grigio. Ma fin dalle 4 del mattino, sul piazzale delle manifestazioni, erano cominciati ad affluire i pellegrini, dapprima isolati e poi a gruppi.

    Due ore più tardi, erano fiumane di gente che ininterrottamente si riversavano alla Theresienwiese così che i banchi di legno bianco, a poco a poco furono sommersi dalla marea umana: solo il gigantesco isolotto dell'altare rimase, in fine, ancora libero, al centro del piazzale. Sull'altare spiccava il baldacchino, tenda della convocazione simile ad un gigantesco uccello mentre libra le ali. Mille e duecento sacerdoti presero posto alla base dell’altare; poco sopra, quasi a formare un anello, sedevano gli arcivescovi e i vescovi.

    L'imponente manifestazione eucaristica a cui assisteva circa un milione di fedeli di ogni parte del mondo, ebbe inizio verso le 9,45 quando, al canto del Tu es Petrus, i patriarchi e i cardinali salirono in processione sull’altare precedendo il rappresentante del Santo Padre, il cardinale Gustavo Testa.

    Subito dopo risuonò, dagli altoparlanti, la voce del santo Padre. «Animo praesentes ... » presente con lo spirito trasmise il suo saluto ed il suo elogio alla cattolica Baviera, esaltando poi i benefici frutti dell'Eucaristia: l'amore, la giustizia e soprattutto la pace.

    «Preghiamo tutti insieme con slancio e ardore Gesù Cristo, Principe della pace, perché illumini la mente dei supremi reggi tori degli Stati, perché, rimosse le tenebre degli errori, doni alle genti la vera pace, fondata sul rispetto dei diritti della Chiesa e della dignità umana, e perché infine, con la rugiada pelle celesti consolazioni, rianimi coloro, ben presenti ora al nostro spirito, che non sono potuti intervenire a codeste trionfali solennità… Come esige il nostro ministero apostolico, come richiede la nostra benevolenza verso il popolo tedesco, la nostra sollecitudine è rivolta alla sua unità religiosa e alla sua pace… Questa concordia nella unità della fede è davvero da desiderare con vivo anelito, perché alta cagione di salvezza e magnificamente bella». Sia il messaggio papale sia il solenne pontificale nella Theresenwiese vennero trasmessi in eurovisione.

    Le migliaia di persone ascoltarono con religiosa attenzione la trasmissione e risposero alla parole del pontefice con l’inno del Congresso: «Voi popoli tutti rallegratevi. Elevate cantici solenni di lode al Signore!». Poi il Legato Papale iniziò la celebrazione finale della statio orbis. All’omelia il Cardinal Testa disse: «Nessuno di noi sa se gli sconvolgimenti del presente sono un preannuncio della fine o le doglie di un nuovo mondo. Una cosa conosciamo noi cristiani con certezza: anche i più nobili sforzi dell'uomo non potranno creare un paradiso su questa terra. Noi cristiani non siamo utopisti di un paradiso terrestre, bensì realisti della croce. Ma siamo anche realisti della speranza e della gioia. Non è la croce l'ultima meta, bensì la nostra futura corona ... di cui il santo Sacrificio ne è un pegno. Simbolicamente, viene anticipata, attraverso la trasformazione eucaristica, la formazione di questo mondo “in un nuovo cielo ed in una nuova terra”».

    Poi, riferendosi al brano evangelico che era stato proclamato aggiunse: «Cristo ci dice: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, rimane in me ed io in lui”. Dinanzi a questo mistero deve piegarsi tutta la superbia dell'intelligenza, tutta la forza di indagine dell'intelletto umano».

    All’offertorio i sacerdoti recarono all'altare i vassoi di vimini - preparati da ciechi - contenenti le pissidi mentre i rappresentanti di oltre 300 archidiocesi presentarono le collette per le missioni.

    Tutti i presenti partecipavano attivamente alla funzione: coro e scola, popolo e singoli, con canti corali, inni in tedesco e canti ci in latino. Era una armonia meravigliosa. Tutti pregavano o cantavano.

    Quando il diacono annunciò: «La pace del Signore sia con tutti voi», tutti i congressisti si presero per mano per trasmettere al vicino quest'augurio e questa benedizione. Erano persone che prima di allora non si erano mai viste, che non parlavano la stessa lingua, che non appartenevano alla stessa razza. Era un gesto che colpiva perché riproposto nella liturgia dopo secoli di oblio. Poi, alla comunione, i sacerdoti si sparsero per la piazza portando il Corpo del Signore mentre l’assemblea cantava:  «Gustate e vedete come è buono il Signore».

    Il padre Riquet, predicatore alla cattedrale di Notre Dame di Parigi, scriveva nel Figaro: «Lo spettacolo di queste migliaia di uomini e donne, radunati attorno all'altare del Signore – spettacolo che  l'eurovisione portò in milioni di case - non è solo il simbolo più commovente ma anche il pegno di questa umanità affratellata, verso la quale attraverso tutte le possibili rivoluzioni della storia, tendono appassionatamente tutti i popoli. Qui la Chiesa cattolica trova il suo vero volto; quel volto che, dai cattivi cristiani, viene così spesso nascosto o sfigurato: il volto di una comunità fraterna nell'amore di Cristo, manifestato a tutti gli uomini di buona volontà e pronto ad ogni azione e sacrificio per amore del prossimo e per la salvezza del mondo».

    Terminata la Messa, attraverso la piazza si snodò la processione. Il SS. Sacramento troneggiava su un carro ornato con gladioli rossi e gialli. Lentamente, passò dinanzi alla moltitudine attenta e devota. Dinanzi all'ostensorio d'oro, sotto al baldacchino, era inginocchiato il Legato papale. Con la benedizione eucaristica terminò dopo quasi quattro ore la grande celebrazione con il canto del salmo: «Laudate eum omnes gentes, omnes populi».

In conclusione

    Un giovane professore di teologia che aveva partecipato attivamente alla preparazione del Congresso, quel Joseph Ratzinger che 45 anni dopo salirà al trono di Pietro con il nome di Benedetto XVI, in quell’occasione scrisse: «Il congresso eucaristico di Monaco non è esente da ogni critica, affatto; però può, tutto sommato, far fronte bene alle critiche. Chi l'ha vissuto, lo può testimoniare. Ci si guarda bene dal dire che il congresso ”è riuscito” od è stato una “impresa”. Sono categorie troppo umane che, per un tale avvenimento, diventano proprio insufficienti. Anziché di una impresa, si deve parlare di un ”dono” che Dio ha fatto in questi giorni agli uomini.

   «Per chi è stato presente, quei giorni rimangono come un avvenimento prezioso, una chiara luce che risplende per le vie talora oscure. Questo fu veramente la cosa più bella nell'insieme: si è toccato con mano che lo spirito di Pentecoste non è morto. In un mondo che si deve sempre chiamare Babilonia, luogo della confusione delle lingue, nel quale l'uno non comprende l'altro, perché si conosce solo se stessi, si è ripetuto il miracolo di quella mattina che ha visto nascere la Chiesa: uomini di tutte le razze e di tutte le terre si sono compresi nello spirito del Signore; quello spirito che era diffuso nei loro cuori. “Inviaci, Signore, il tuo spirito e tutto verrà ricreato e tu rinnoverai la faccia della terra”».

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