TESTA.GUADALA

48. GUADALAJARA (Messico) dal 10 al 17 ottobre 2004.

Presidente: Cardinal Juan Sandoval Iniguez, Arcivescovo di Guadalajara

Segretario generale: Rev Jasé Abel Castillo Castillo

Legato Pontificio: Cardinal Josef Tomko

Tema:

L’Eucaristia, Luce e Vita del nuovo millennio.

   

«L’EUCARISTIA: LUCE E VITA DEL NUOVO MILLENNIO»

L’«anno dell’Eucaristia» si è aperto con la celebrazione del 48° Congresso eucaristico internazionale celebrato nella città messicana di Guadalajara che non è solo la patria del "mariachi" e della tequila, ma anche di una Chiesa di popolo, dalla fede forte e gioiosa. Qui si è radunata la Chiesa universale per riflettere, accogliere, celebrare «L’Eucaristia: luce e vita del nuovo millennio». Per la prima volta, dopo decenni, senza il Papa…

 

    «El mundo se detiene in Guadalajara». Il grande cartello pubblicitario – con un Papa che sorride bonario sullo sfondo della cattedrale cittadina – accoglie il visitatore che viene dall’aeroporto e traduce bene il senso della “Statio orbis = sosta del mondo” che costituisce il centro del 48° Congresso Eucaristico internazionale che si tiene per la prima volta in Messico.

    A Guadalajara, otto milioni di abitanti, capitale dello stato di Jalisco, si sono radunati circa 15 mila fedeli per la settimana congressuale che si è tenuta dal 10 al 17 ottobre. Di questi, poco meno di due mila sono giunti dai cinque continenti: un migliaio di cattolici statunitensi e poi, in ordine decrescente, i gruppi francese, brasiliano, coreano, italiano…

    Annunciato dal Papa nella solennità del Corpus Domini del Giubileo del 2000 e lungamente preparato dall’arcidiocesi tapatìa e dal suo energico pastore, il cardinal Juan Iñiguez Sandoval, il Congresso ha trasformato Guadalajara, per una settimana, nel cuore eucaristico della Chiesa.

    La scelta di celebrare qui un Congresso Eucaristico ha certo tenuto conto della tragica storia di fedele testimonianza vissuta dal popolo dello stato di Jalisco e della sua capitale, nel corso della persecuzione religiosa cui furono sottoposti nel secolo scorso. È proprio qui, infatti, che si combatté la “guerra cristera” negli anni 1926-1929, doloroso culmine di una persecuzione prima sotterranea e poi aperta e feroce. E bisognerà sottolineare che a concepire un Messico senza Dio, e a dare una caccia spietata ai sacerdoti cattolici e ai contadini cristeros, non furono i comunisti, bensì dei borghesi dall’immacolata ascendenza liberal-massonica. Facciamone brevemente cenno.

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Fedeli che assistono ad una delel celebrazioni eucaristiche durante il Congresso

 

I "cristeros" messicani

    La Rivoluzione messicana del 1910, sostenuta dai peones che che sognavano una vera riforma agraria e che erano animati da un profondo sentimento religioso, finì in realtà per porre a capo della nazione messicana una classe dirigente massonica che diede il via ad una massiccia opera di scristianizzazione della società. Il generale Plutarco Calles fu il principale protagonista dell’opera di persecuzione che raggiunse il suo culmine con le leggi del 1926, con cui la Chiesa Cattolica -che rappresentava non solo la religione del popolo messicano, ma la sua stessa anima e identità culturale e nazionale - fu privata di tutti i diritti.

    I vescovi messicani, sostenuti da Papa Pio XI, chiusero al culto le chiese, dal momento che ne andava della vita stessa dei sacerdoti e della libertà del popolo di Dio. Cominciò a scorrere il sangue dei martiri. I cattolici perseguitati trovarono il coraggio di manifestare pubblicamente la propria fede, affrontando dapprima la repressione poliziesca e quindi quella militare.

    In risposta al boicottaggio propagandato dai giovani attivisti cattolici in vari modi e in ogni parte del paese, la risposta violentissima del regime non si fece attendere: le detenzioni vennero sostituite dalle esecuzioni sommarie. Il generale Gonzales, comandante delle truppe della regione di Michoacan, emise, in data 23 dicembre 1927, questo decreto: «Chiunque farà battezzare i propri figli, o farà matrimonio religioso, o si confesserà, sarà trattato da ribelle e fucilato».

    Di fronte agli arresti, alle confische, ai campi di concentramento, agli stupri e agli eccidi, consumati nell’indifferenza internazionale, i cattolici non ebbero altra disperata alternativa che prendere le armi: divennero “soldati di Cristo Re” o, come sprezzantemente venivano definiti dai nemici, cristeros.

    Gli insorti, che (come i vandeani francesi di un altro secolo) militavano sotto le bandiere col Sacro Cuore, giunsero a schierare 200.000 uomini armati, appoggiati dalle Brigadas Bonitas, le brigate femminili per la sanità, la sussistenza, le comunicazioni.

    L’armata era composta di giovani, contadini e operai, studenti e impiegati, animati e uniti da uno spirito ammirevole: alla sera, prima di addormentarsi, i cristeros cantavano l’inno Tropas de Maria. Quando era possibile si conservava il Santissimo, e i soldati si davano il cambio ogni quarto d’ora per l’adorazione. Prima di dare battaglia, tutti si facevano il segno della croce e poi si battevano al grido di «Viva Cristo Re». Non ci è possibile elencare qui i tanti protagonisti dell’eroica insurrezione, i valorosi e i martiri.

    Il desiderio di vedere cessare definitivamente le sofferenze del popolo messicano portò l’episcopato a siglare accordi con il governo. Il 29 giugno 1929, le chiese del Messico si riaprirono al culto, e le campane tornarono a suonare tra l’entusiasmo della popolazione. I cristeros deposero le armi: discesero dai monti, sciolsero i battaglioni che per tre anni avevano tenuto testa alle truppe governative, e tornarono ai loro villaggi e alle loro città. Restava il fatto che la tregua, così frettolosamente raggiunta, sapeva di compromesso.

    Così, in questa città di Guadalajara, che nella “guerra cristera” fu centro logistico e di comando, la Celebrazione del 48° Congresso Eucaristico internazionale ha assunto anche il senso di un riconoscimento al «Mexico sempre fiel» nato dal sangue dei martiri.

    E oggi? Oggi il clima sembra cambiato. Il segretario del Governo federale, Santiago Creel, accogliendo il legato pontificio, cardinal Joseph Tomko, e le autorità religiose giunte per l’occasione, da tutto il mondo, ha espressamente affermato che «oggi si riconosce, senza simulazione, il ruolo che la religione svolge in molti ambiti della vita del paese… Il governo messicano riconosce alla Chiesa cattolica il suo ruolo nella formazione della cultura, delle tradizioni e della identità culturale del Messico».

    E il segretario della Conferenza episcopale messicana, in risposta al saluto di Creel, ha riaffermato: «Se vogliamo trovare le radici nascoste che hanno sostenuto il vigoroso albero di questa città, dobbiamo fare riferimento specifico all’apporto della Chiesa cattolica… Guadalajara non potrà mai rinnegare le sue origini cattoliche… Per tutto ciò Guadalajara è stata scelta come sede, per la prima volta nella nostra storia patria, di un Congresso Eucaristico Internazionale».

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L'Expo di Guadalajara dove si sono tenuti gli incontri e le conferenze maggiori del Congresso.

 

Luce e vita

Il cardinale Juan Sandoval nel suo discorso di inaugurazione dei lavori congressuali tenuto alla Expo, la vasta e moderna area fieristica di questa città industriosa di 8 milioni di abitanti, ha presentato gli elementi essenziali di ogni Congresso eucaristico: la celebrazione dell’Eucaristia, la partecipazione alle catechesi pubbliche, l’adorazione del SS. Sacramento, la processione eucaristica…

Ed è proprio con una grande celebrazione eucaristica che il Congresso ha preso inizio nello stadio Jalisco, la sera di domenica 10 ottobre. Al centro del campo da gioco era stato innalzato l’altare sovrastato da un grande crocifisso. Intorno una corona di 30 cardinali, 250 vescovi e tremila sacerdoti rappresentanti ogni parte del mondo, e poi gli spalti gremiti…

La celebrazione è stata presieduta dall’ottantenne cardinale Tomko, legato pontificio. Il porporato slovacco si è diretto all’assemblea presentando le luci e le ombre dell’umanità: «Si nota la ricerca di qualcosa che unisca l’umanità, come si è visto nelle ultime olimpiadi, il desiderio della pace, la riscoperta della bellezza della creazione, la difesa dei diritti umani, la sensibilità per la giustizia sociale… Ma ci sono anche le guerre conosciute e dimenticate, dichiarate o nascoste, violenze e conflitti di diverso genere, l’attacco ideologico al matrimonio e alla famiglia, e alla stessa vita umana dal suo concepimento fino alla morte naturale… l’“apostasia silenziosa” da Cristo di alcune regioni cristiane, un laicismo che esclude Dio dalla vita sociale e dalla coscienza privata. Veniamo da questo mondo a cercare luce per la nostra vita, la certezza per i nostri dubbi, il coraggio per dare testimonanza della nostra fede… l’alimento per la nostra vita e per la vita dei nostri simili. “Vogliamo vedere il tuo volto, Signore”».

Il giorno successivo, lunedì 11, sulla piazza antistante l’Instituto Cultural Cabañas, altra Messa moltitudinaria per decine di migliaia di cristiani che hanno rinnovato il tradizionale patronato della Vergine di Zapopan. Accanto all’altare, fendendo una folla compatta, era giunta la minuscola statuetta della Madonna che iniziava il cammino di ritorno al suo santuario dopo avere visitato tutte le parrocchie della città.

Nel 1530 questa veneranda immagine della Madonna di Zapopan giunse nell’Occidente messicano in una cassetta al collo di fra Antonio da Segovia. La statuetta, infatti, misura appena 35 centimetri di altezza e rappresenta una Immacolata Concezione. L’immagine e la predicazione del francescano avrebbero contribuito alla pacificazione delle tribù indigene Caxcanas che si erano sollevate contro la Spagna…

Dal 1542 l’immagine della vergine fu affidata al popolo di Zapopan – oggi uno dei quattro “municipi” che formano la metropoli di Guadalajara – dove si innalzò una chiesetta trasformata poi in un santuario dalle line barocco-coloniali.

Qui la Vergine è tornata la mattina del 12 ottobre, con una spettacolare “romería”, un pellegrinaggio che parte all’alba dalla cattedrale. Poi, sotto un sole battente, sulla piazza della basilica, il cardinale Juan Sandoval Iñiguez ha presieduto l’Eucaristia in un mare di folla: «Questo pellegrinaggio, evoca la nostra condizione itinerante, siamo viaggiatori sulla terra, stiamo camminando verso la casa del Padre».

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Un'immagine dell'imponente processione eucaristica che si è svolta per le strade della citta.

 

"Jesus está presente"

    Se a Zapopan la celebrazione ha concluso la tradizionale pellegrinazione mariana della città, giovedì 14 la celebrazione della Messa ha invece segnato l’inizio della grande processione eucaristica per le vie della città.

    Celebrata dal cardinale giapponese Fumio Hamao – che ha sottolineato la necessità di una carità profonda che nasca dal Sacramento dell’altare – alle spalle della grande Minerva bronzea che veglia sulla glorieta omonima, ha dato inizio ad uno dei momenti che resteranno nella memoria di Guadalajara. Il quotidiano Hocho Columnas assicurava che da più di un secolo non si teneva una processione con il Santissimo per le vie della città.

    Un vero fiume umano si è riversato per l’Avenida Vallarta e Juarez, sotto Los Arcos costruiti agli inizi del 900 come entrata alla «perla dell’Occidente», su una strada a sei corsie, chiusa – mai successo prima! – al traffico sempre intenso della metropoli.

    All’imbrunire, lungo i cinque chilometri del percorso urbano, le quattordici vicarie dell’arcidiocesi hanno creato un clima di vera festa portando nelle strade – ornate da palloncini bianchi e gialli, stendardi e lumi – migliaia di cattolici, compresi i vecchi, i malati, i bambini vestiti da angioletti… Il Sacramento era contenuto in un ostensorio monumentale di due metri di altezza montato su un carro bordato di fiori e circondato, come una aureola, da un arco dorato.

    Il serpentone senza fine si è mosso tra le chiese illuminate a giorno e le terrazze delle case signorili della “colonia americana” stipate di curiosi. E tutti a ripetere senza sosta, in modo ritmico: «Se, se siente, Jesus esta presente», o a rimandarsi da un lato all’altro della strada «El mero mero (= il più grande) es el Señor».

    Altri atti cultuali, divenuti ormai abituali in questi incontri eucaristici internazionali hanno trovato spazio nelle diverse parrocchie di Guadalajara, dove in questi giorni si sono avuti tempi particolari per l’adorazione eucaristica e gli incontri secondo le lingue nazionali.

    Ma la casa dell’adorazione è stata soprattutto il Templo Expiatorio, sede dell’associazione della «Adorazione notturna» che, in Messico, conta quattro milioni di associati di cui cinquantamila solo in Guadalajara. Le bandiere delle diverse sezioni di quest’associazione hanno accompagnato tutte le grandi celebrazioni congressuali. In questo tempio dalla facciata gotica – ma terminato pochi anni or sono utilizzando una pietra locale porosa e oscura – gli adoratori si danno il cambio, giorno e notte, per adorare l’Eucaristia. L’Expiatorio, al di fuori della Expo e della Cattedrale, è stato uno dei luoghi più frequentati dai congressisti.

    Momenti forti del congresso sono, poi, state le catechesi pubbliche, affidate tutte a cardinali di grande spessore e provenienti da ogni parte del mondo, in rappresentanza dell’orbe cattolico. Così, sul palco dell’Expo, al cardinal Peter Kodwo Turkson di Cape Coast (Ghana), è succeduto l’arcivescovo filippino di Cebu, il cardinal Ricardo Vidal, l’applauditissimo cardinale di Siviglia, Carlos Amigo Vallejo e, infine, il cardinal George, arcivescovo di Chicago.

    Per la prima volta, inoltre, facendo tesoro dell’esperienza delle Giornate mondiali della gioventù, il Congresso eucaristico ha dedicato un tempo particolare ai ragazzi e ragazze messicane che, a migliaia, si sono riuniti la sera di sabato 16, in Plaza de las America, di fronte al santuario di Zapopan, per una lunga veglia di preghiera. Il cardinale Sandoval, ha spiegato loro il senso dell’incontro: «Muchachos, quello che faremo stasera e stanotte è una festa, un gesto di amore e di fede, una festa con Gesù…».

    Alla catechesi tenuta ai giovani dal cardinale Re intorno all’esperienza dei discepoli di Emmaus, è seguita, al crepuscolo, la celebrazione della Messa, e la veglia di adorazione proseguita fino all’albeggiare della domenica.

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La statio orbis finale del Congresso di Guadalajara.

 

Ponte sui continenti

    «El mundo se detiene in Guadalajara». Finalmente giunge la celebrazione della statio orbis, la sosta di tutta la Chiesa – qui rappresentata da battezzati dei cinque continenti – intorno all’altare della celebrazione.

    In questa domenica conclusiva, che si presenta fresca e nebbiosa, lo stadio Jalisco si riempie come un uovo. L’Eucaristia ha inizio alle 10 ed è presieduta dal cardinal Tomko. «Oggi – dice il legato pontificio – facciamo una sosta nel nostro pellegrinaggio. Veniamo da tutto il mondo; rappresentiamo il popolo di Dio che vive in tutti i continenti. Siamo la Chiesa riunita per adorare il suo Signore che è presente con noi nell’Eucaristia. Oggi è il giorno della “statio orbis”, il momento solenne in cui si unirà a noi con la sua immagine e con il suo messaggio il Vicario di Cristo, il nostro amatissimo Papa… Partiamo da questo Congresso eucaristico per portare Cristo al mondo, al nostro mondo dell’inizio del Terzo millennio. Dobbiamo prendere coscienza che l’evangelizzazione del mondo è ancora agli inizi e che due terzi dell’umanità non conoscono ancora Gesù Cristo il quale morì per tutti e che noi abbiamo qui celebrato come “luce e vita del nuovo millennio”…».

    La statio orbis di Guadalajara non ha rappresentato soltanto il cuore del 48° Congresso eucaristico internazionale ma anche l’inizio dell’anno dell’Eucaristia. Per questo, alla fine della celebrazione, mentre il sole appariva all’improvviso dietro le nubi dando ad ogni cosa un senso di primavera, ci si è collegati con la Basilica Vaticana dove il Papa, in coincidenza con l’evento messicano, presiedeva la celebrazione per l’avvio di questo anno speciale. Attraverso i due grandi schermi dello Jalisco, in un clima di ascolto commosso, i presenti hanno ascoltato Giovanni Paolo II che, con voce roca ed affaticata, ha detto: «Raccolti davanti all’Eucaristia, sperimentiamo in questo momento con particolare vivezza la verità della promessa di Cristo: Egli è con noi! Saluto voi tutti che siete riuniti a Guadalajara per partecipare alla conclusione del Congresso Eucaristico Internazionale… Il collegamento televisivo tra la Basilica di San Pietro, cuore della cristianità, e Guadalajara, sede del Congresso, è come un ponte gettato tra i continenti e fa del nostro incontro di preghiera una ideale “statio orbis”, nella quale convergono i credenti del mondo intero. Il punto di incontro è Gesù stesso, realmente presente nella Santissima Eucaristia col suo mistero di morte e di risurrezione, in cui si uniscono il cielo e la terra e s’incontrano tra loro popoli e culture diverse…».

    I sessantamila dello stadio Jalisco hanno intonato, ad una voce, «Juan Pablo segundo, te quiere todo el mundo». È stato ancora il Papa che, alla fine, quasi sussurrando, ha aggiunto: «Ho la gioia di annunciare che il prossimo Congresso Eucaristico Internazionale avrà luogo in Quebec nel 2008. Questa prospettiva susciti nei fedeli un ancor più generoso impegno a vivere con intensità il presente Anno dell’Eucaristia!».

    Su queste parole, si è chiuso il collegamento satellitare e la celebrazione di Guadalajara si è trasformata in fiesta con bande di mariachi, migliaia di palloncini bianchi e gialli liberati sul campo di gioco che si innalzano e spariscono in cielo, voli di colombe liberate per l’occasione mentre alcune bandiere gigliate del Quebec già sventolano sul podio, segnando il passaggio di consegne.

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Giovanni Paolo II conclude, in trasmissione diretta dalla Basilica di San Pietro, il Congresso di Guadalajara e apre l'Anno Eucaristico, domenica 17 ottobre 2004

 

“Fiesta” messicana

    Per la prima volta, da alcuni decenni a questa parte, il Congresso eucaristico di Guadalajara è stato celebrato senza la presenza carismatica di Giovanni Paolo II che si è fatto rappresentare da un legato cdi grande spessore.

    I partecipanti al Congresso hanno sperimentato lo spirito di genuina accoglienza e di festa suscitato dall’evento nel popolo messicano. Le manifestazioni straordinarie di fede popolare hanno impressionato fortemente cardinali e vescovi presenti da ogni parte del mondo che, in diverse occasioni – comprese le conferenze stampa –, hanno sottolineato la forza di questa fede popolare che in Europa non sarà «politicamente corretta» ma che qui ha la forza toccante di una esperienza evangelica.

    Gli stessi messicani hanno visto, in questo Congresso Eucaristico, il frutto più maturo di una Chiesa nata dal sangue di quei martiri che sono ormai diventati, a livello di comunità cristiana, i campioni di una fede capace di superare ogni opposizione. Spesso, nelle celebrazioni congressuali, è risuonato il grido di «!Viva Cristo Rey!», come richiamo a valori mantenuti a costo della vita.

    I cattolici di Guadalajara dovranno sentirsi soddisfatti dei risultati del 48° Congresso eucaristico internazionale. È stato un'opportunità per riaffermare e rianimare la propria fede e per dimostrare, ai fratelli di fede giunti da ogni parte del mondo, l’ospitalità e la tolleranza di questa grande città, sede più che degna di un evento storico.

    Le moltitudini di messicani che hanno invaso le strade per partecipare a diversi atti del Congresso hanno proposto un’immagine di straordinario fervore religioso, sorprendendo i visitatori stranieri e particolarmente gli europei che sperimentano, invece, nei loro paesi, la crisi accentuata della pratica religiosa.

    Più di cinquemila famiglie, infine, hanno aperto le loro porte per ospitare altrettanti congressisti giunti dai quattro angoli della terra, da ogni parte del mondo. Tornati a casa, essi conserveranno un grato ricordo della città e dei suoi abitanti.

(Vittore Boccardi)

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