I "cristeros" messicani
La Rivoluzione messicana del 1910, sostenuta dai peones che che sognavano una vera riforma agraria e che erano animati da un profondo sentimento religioso, finì in realtà per porre a capo della nazione messicana una classe dirigente massonica che diede il via ad una massiccia opera di scristianizzazione della società. Il generale Plutarco Calles fu il principale protagonista dell’opera di persecuzione che raggiunse il suo culmine con le leggi del 1926, con cui la Chiesa Cattolica -che rappresentava non solo la religione del popolo messicano, ma la sua stessa anima e identità culturale e nazionale - fu privata di tutti i diritti.
I vescovi messicani, sostenuti da Papa Pio XI, chiusero al culto le chiese, dal momento che ne andava della vita stessa dei sacerdoti e della libertà del popolo di Dio. Cominciò a scorrere il sangue dei martiri. I cattolici perseguitati trovarono il coraggio di manifestare pubblicamente la propria fede, affrontando dapprima la repressione poliziesca e quindi quella militare.
In risposta al boicottaggio propagandato dai giovani attivisti cattolici in vari modi e in ogni parte del paese, la risposta violentissima del regime non si fece attendere: le detenzioni vennero sostituite dalle esecuzioni sommarie. Il generale Gonzales, comandante delle truppe della regione di Michoacan, emise, in data 23 dicembre 1927, questo decreto: «Chiunque farà battezzare i propri figli, o farà matrimonio religioso, o si confesserà, sarà trattato da ribelle e fucilato».
Di fronte agli arresti, alle confische, ai campi di concentramento, agli stupri e agli eccidi, consumati nell’indifferenza internazionale, i cattolici non ebbero altra disperata alternativa che prendere le armi: divennero “soldati di Cristo Re” o, come sprezzantemente venivano definiti dai nemici, cristeros.
Gli insorti, che (come i vandeani francesi di un altro secolo) militavano sotto le bandiere col Sacro Cuore, giunsero a schierare 200.000 uomini armati, appoggiati dalle Brigadas Bonitas, le brigate femminili per la sanità, la sussistenza, le comunicazioni.
L’armata era composta di giovani, contadini e operai, studenti e impiegati, animati e uniti da uno spirito ammirevole: alla sera, prima di addormentarsi, i cristeros cantavano l’inno Tropas de Maria. Quando era possibile si conservava il Santissimo, e i soldati si davano il cambio ogni quarto d’ora per l’adorazione. Prima di dare battaglia, tutti si facevano il segno della croce e poi si battevano al grido di «Viva Cristo Re». Non ci è possibile elencare qui i tanti protagonisti dell’eroica insurrezione, i valorosi e i martiri.
Il desiderio di vedere cessare definitivamente le sofferenze del popolo messicano portò l’episcopato a siglare accordi con il governo. Il 29 giugno 1929, le chiese del Messico si riaprirono al culto, e le campane tornarono a suonare tra l’entusiasmo della popolazione. I cristeros deposero le armi: discesero dai monti, sciolsero i battaglioni che per tre anni avevano tenuto testa alle truppe governative, e tornarono ai loro villaggi e alle loro città. Restava il fatto che la tregua, così frettolosamente raggiunta, sapeva di compromesso.
Così, in questa città di Guadalajara, che nella “guerra cristera” fu centro logistico e di comando, la Celebrazione del 48° Congresso Eucaristico internazionale ha assunto anche il senso di un riconoscimento al «Mexico sempre fiel» nato dal sangue dei martiri.
E oggi? Oggi il clima sembra cambiato. Il segretario del Governo federale, Santiago Creel, accogliendo il legato pontificio, cardinal Joseph Tomko, e le autorità religiose giunte per l’occasione, da tutto il mondo, ha espressamente affermato che «oggi si riconosce, senza simulazione, il ruolo che la religione svolge in molti ambiti della vita del paese… Il governo messicano riconosce alla Chiesa cattolica il suo ruolo nella formazione della cultura, delle tradizioni e della identità culturale del Messico».
E il segretario della Conferenza episcopale messicana, in risposta al saluto di Creel, ha riaffermato: «Se vogliamo trovare le radici nascoste che hanno sostenuto il vigoroso albero di questa città, dobbiamo fare riferimento specifico all’apporto della Chiesa cattolica… Guadalajara non potrà mai rinnegare le sue origini cattoliche… Per tutto ciò Guadalajara è stata scelta come sede, per la prima volta nella nostra storia patria, di un Congresso Eucaristico Internazionale».