VIENNA.CAPO

 

23. VIENNA (Austria) dall'11 al 15 settembre 1912.

Organizzato da: Card. Franziskus Nagl, arcivescovo di Vienna.

Presidente: Legato Pontificio Cardinale Willem Van Rossum e Mons. Heylen.

Segretari generali: Conte Henry d'Yanville, Sig. Engelbert Muller.

Tema degli studi:

L'influenza dell'Eucaristia nella santificazione dei popoli,

nelle diverse categorie sociali, per l'unità della Chiesa.

 

La cronaca del Congresso di Vienna è qui proposta attraverso una “rivisitazione” del lungo articolo scritto dal gesuita P. Antonio Pavissich per la Civiltà Cattolica ” (anno LXIII, 1912, vol. IV, fasc. 1495,  pp. 3-33)

 

    Vienna è una città eucaristica, che in questi giorni si accinge a rendere con pompa non più veduta il suo solenne omaggio a Gesù Sacramentato.Guardate, osservate, ascoltate, leggete: tutto vi parla di lui e del carattere religioso, apertamente cattolico di questa città mondiale coi suoi due milioni di abitanti; tutto vi rivela il suo profondo rinnovamento cristiano; tutto vi dimostra ch’essa è in gran festa per il 23° Congresso Eucaristico Mondiale.

   Dalle torri e dalle facciate delle chiese, dai palazzi e dalle case più modeste, sventolano bandiere innumerevoli, papali e imperiali, tra cui, specialmente dinanzi e intorno alle chiese, pendono dalle antenne i gonfaloni eucaristici riccamente fregiati, con in mezzo l’Agnello divino e intorno l’iscrizione Ecce Agnus Dei qui tollit peccata mundi. Busti del Pontefice e dell’Imperatore, arazzi e damaschi sui poggioli e sulle finestre, festoni e pavesi, di vari colori e di forme diverse, adornano singolarmente le piazze e i centri più animati dal movimento cittadino.

   Nell’interno delle chiese non trovate gli addobbi sfarzosi delle chiese italiane, ma la semplice e maestosa magnificenza del gusto germanico, adattata alla severità architettonica dei templi: festoni sottili di verde frasca intrecciati di fiori, piante sempre verdi, trofei di bandiere e arazzi preziosi, armonizzati colle linee gotiche e colla cupa solennità dell’ambiente. Fra tutte primeggia, coi suoi arazzi, damaschi e giganteschi candelabri, il duomo di S. Stefano.

   E in mezzo a questo indescrivibile spettacolo di festa e di magnificenza universale, un altro, forse più grandioso, si offre, continuo e sempre vario, agli occhi dell’osservatore: una vera fiumana di popolo, che si affolla e si accalca dappertutto, volgendosi dalle stazioni della ferrovia e dai sobborghi verso l’interno della città e specialmente al punto centrico, cioè alla piazza di S. Stefano.

   Dappertutto campeggiano nelle sfarzose vetrine dei negozi simboli, fregi, ricordi, illustrazioni, immagini, medaglie, stampe eucaristiche; dappertutto vi assediano i venditori ambulanti e gli strilloni, per offrirvene d’ogni specie; dappertutto v’incontrate in persone d’ogni ceto, preti, frati,  suore, signori, signore, signorine, popolani, contadini e contadine delle varie province austriache, nei loro vestiti pittoreschi, che portano al petto la coccarda eucaristica. Tutti hanno scolpita in fronte la letizia del grande avvenimento, tutti parlano del congresso con accento di entusiasmo, tutti mostrano la gran fretta che hanno addosso di giungere là dove li aspetta o una funzione, o un’adunanza eucaristica, o la tessera da pigliare, o il biglietto da assicurarsi per qualche convegno. 

L’arrivo del Legato

    Confesso che non vidi mai uno spettacolo così sublime e insieme semplice, così grandioso e insieme tenero e commovente come l’arrivo del Cardinal Legato e il suo ingresso solenne nella capitale dell’Impero austriaco.

   Bisognava vedere quelle due fitte e dense spalliere di popolo, che si stendevano dalla stazione ovest fino a S. Stefano e da S. Stefano fino al palazzo imperiale, dove Francesco Giuseppe volle ospitare l’inviato del Papa al pari dei sovrani regnanti. Bisognava vedere i due cordoni di membri delle associazioni cattoliche e specialmente delle associazioni mariane, schierati in prima fila, coi loro distintivi, colle coccarde eucaristiche al petto e coi loro stendardi variopinti, dorati e riccamente ricamati. Bisognava vedere le immense ondate di popolo che si aggiravano dietro alle file, la selva d’innumerevoli bandiere, le case pavesate, le finestre gremite, il contegno dignitoso, devoto di quelle centinaia di migliaia di persone, comprese dall’atto solenne che rendevano al rappresentante del Vicario di Cristo lungo quella via veramente trionfale. Chi ha veduto tutto ciò non può non serbarne incancellabile la ricordanza e riconoscere che solo il sentimento religioso sa ispirare manifestazioni così semplici e così sublimi.

    Sua Eminenza il Legato Pontificio giungeva a Vienna col treno di corte, posto per ordine dell’Imperatore a sua disposizione, alle 15.50 del giorno 10 settembre, accompagnato dalle persone del suo seguito. Appena il Card. Van Rossum apparve sulla soglia esterna, tutti gli astanti proruppero in applausi e grida di evviva: hoch, hoch, hoch! Tra cui si distinguevano bellamente le voci argentine dei fanciulli e delle fanciulle; mentre il concerto intonava l’inno imperiale del giubileo e, quando il Cardinale fu salito in vettura, la marcia generale. Fu un momento di vivissimo entusiasmo.

   I tre cocchi giganteschi e sfarzosi, nel terzo dei quali siede il Legato col Consigliere intimo Conte Czernin in grande divisa, che gli siede di fronte, si muovono lentamente, seguiti da parecchie altre vetture di corte; percorrono la Mariahilferstrasse tra due muraglie di persone di ogni condizione, fattesi improvvisamente silenziose e immobili come statue. Quand’ecco scoppiare in quel silenzio solenne un grido di applauso; grido che si ripete da mille a mille bocche, si diffonde, si propaga, si moltiplica senza posa. Sventolano le bandiere, si agitano i fazzoletti e i cappelli, si vedono molti occhi inumiditi e si odono i commenti più affettuosi che vengono dalla folla.

  Intanto il corteo ha già passato la Babenbergstrasse ed è giunto, attraverso l’Opernring, all’ingresso della Kärntnerstrasse. Quivi sta eretto un suntuoso padiglione, tutto adorno di piante a grande fogliame, di drappi, di tappeti e di bandiere: 200 fanciulle biancovestite e 300 fanciulli dei ricreatorii vi fanno spalliera dalla parte della Kärntnerstrasse: tutto all’intorno si accalca un’immensa moltitudine di popolo. Dinanzi al padiglione ha preso posto la rappresentanza municipale, la giunta provinciale, alcuni deputati, l’aristocrazia e le presidenze delle associazioni cattoliche; nell’interno la presidenza della sezione femminile del Congresso, alcune dame dell’alta aristocrazia, il Nunzio col suo seguito, il Cardinal Nagl Arcivescovo di Vienna, che vi è giunto in processione da S. Stefano col clero secolare e regolare, col capitolo metropolitano e con molti vescovi e prelati.

   Ad un segno convenuto tutti si pongono in ordine, le file si distendono in posizione militare, dalle finestre gremite di spettatori risuonano grida ed applausi, si agitano i fazzoletti; il popolo fa altrettanto; il coro di S. Stefano, rinforzato di altri cantori, intona l’antifona Fidelis namque. Arriva il corteo, il concerto batte la generale; passa il primo, passa il secondo cocchio; ecco il terzo dinanzi al padiglione. Scoppia un grido partito da un giovane sacerdote italiano: “Evviva il Cardinale!” a cui fanno eco nella stessa lingua centinaia e centinaia di voci: “evviva il Cardinale”. Le acclamazioni si ripetono e si intrecciano collo squillo festivo delle campane, mentre il Legato sceso dal cocchio si volge alla folla e, con inchini e gesti affettuosi, ringrazia della solenne accoglienza.

   Primo a dargli il benvenuto è il Card. Arcivescovo Nagl, che visibilmente commosso, gli porge, prima in latino e poi in tedesco il saluto ecclesiastico di Vienna cattolica, esprimendo la letizia comune per la presenza del Legato Pontificio al Congresso eucaristico. Secondo il Sindaco viennese Neumayer, che gli offre il saluto della città di Vienna, nel cui scudo campeggia la Croce, e ricorda come appunto nel luogo dove ora Vienna accoglie festante il rappresentante del Papa, 400 anni fa fu decisa la vittoria della Croce sulla mezzaluna. Risponde ad entrambi il Legato con grandi elogi della fede viennese, di cui è prova mirabile l’accoglienza fattagli, e dice: “Sebbene io sia qui affatto sconosciuto, venni tuttavia ricevuto con tanto entusiasmo, perché in me si riconosce il Legato del Papa, del Vicario di N.S. Gesù Cristo in terra”.

   Dopo le presentazioni dei dignitari, si forma il corteo del clero e si avvia verso S. Stefano precedendo i due Cardinali, che lo seguono a piedi sotto il baldacchino. Qui dovrei descrivere il grandioso spettacolo che offriva la più sfarzosa via di Vienna, la Kärntnerstrasse, mentre sfilava il maestoso corteo; la piazza di S. Stefano, che sembrava una sala incantata tutta adorna per una festa sovrana; l’interno del tempio gremito di clero, tra cui campeggiavano il verde e il violetto di 150 vescovi e il rosso purpureo di parecchi Cardinali, e scintillavano l’oro e il diamante delle croci pettorali e degli ordini cavallereschi. Dovrei ritrarre il momento solenne in cui il Legato impartì la benedizione papale, la sua uscita dal tempio e il suo passaggio trionfale fino alla reggia imperiale, dove fu ricevuto come un sovrano dal gran maggiordomo e dal gran cerimoniere in forma solenne, e subito introdotto col suo seguito dall’Imperatore, venuto a posta in città dalla sua residenza estiva di Schönbrunn, al quale consegnò un autografo pontificio, e da cui fu insignito della Gran Croce di S. Stefano colla stella, ch’è l’ordine cavalleresco più alto, mentre le persone del suo seguito ebbero pure decorazioni distinte. 

L’adunanza inaugurale (11 settembre 1912)

   Per le solenni adunanze del Congresso si era da principio stabilito il duomo di S. Stefano. Ma il numero stragrande di persone, che mandavano continuamente l’annunzio della loro partecipazione, persuase presto il comitato a cambiar disegno ed a fissare quale sede del congresso la Rotonda, vastissimo edificio circolare capace di 15.000 persone.

   Siamo alla solenne adunanza di inaugurazione del Congresso, nel pomeriggio del giorno 11. Vi erano rappresentati tutti i ceti sociali, dagli augusti membri della casa imperiale fino ai semplici contadini, dai più alti personaggi del patriziato fino agli umili operai, dai principi porporati fino ai poveri cappellani; anzi un’adunanza di popoli, dove convennero insieme confuse le varie nazioni dell’Austria, d’Europa e di tutte le parti del mondo, per accomunarsi nell’unità della fede e nel culto del SS. Sacramento; un concilio mondiale, raccolto nel simbolo dell’unione più sublime, l’Eucarestia.

   Non occorre dire che in questa prima, come in tutte le altre susseguenti tornate, l’ambiente era gremito di gente; bastava vedere quanti e quanti rimanevano al di fuori sotto la pioggia incessante per tutti e tre i giorni del Congresso, quanti e quanti si aggiravano nell’atrio circolare interno, cercando invano di penetrare tra gli spettatori, per riconoscere che la Rotonda, sebbene sì vasta, era insufficiente al bisogno. Eppure in mezzo a tanto affollamento di popolo sembrava di trovarsi in una chiesa; sì calmo, dignitoso e raccolto era il contegno degli spettatori; sì premuroso appariva in tutti l’impegno a mantenere, per unanime consenso, in questa e in tutte le altre adunanze l’ordine più perfetto, che non fu mai turbato da alcun incidente.

Acclamazioni e applausi interminabili accolsero l’apparire del Cardinal legato e dell’Arciduca Pietro Ferdinando, rappresentante dell’Imperatore; acclamazioni e applausi che si ripeterono durante e dopo il discorso di apertura di Mons. Heylen, vescovo di Namur, presidente del Comitato permanente dei Congressi eucaristici internazionali; acclamazioni e applausi che si rinnovarono, con un fervore di commozione indescrivibile, durante e dopo la lettura in latino e in tedesco del breve pontificio, ascoltato da tutta l’adunanza in piedi; acclamazioni ed applausi, vivi, ardenti, veementi, accompagnati da interminabile agitar di cappelli e di fazzoletti, che accolsero il Cardinal Legato quando apparve sulla tribuna per tenere il suo discorso d’inaugurazione; che spesso lo interruppero durante il discorso e raggiunsero il colmo quando ebbe finito.

   Dopo di lui parlò in latino ed in tedesco il Card. Arcivescovo Nagl. Chiamando l’Eucarestia la chiave per l’unione dei popoli, offrendo i suoi ringraziamenti a tutti coloro che cooperarono alla felice riuscita del Congresso, principalmente al Papa dei Congressi eucaristici Pio X e all’Imperatore che ne accettò il protettorato e con la sua famiglia e corte imperiale volle farsi dinanzi a tutto il mondo spettacolo ammirando di fede e devozione alla SS. Eucaristia.

   Profonda impressione e giubilo indescrivibile produsse poi il discorso del ministro del culto Hussarek, il quale accennò con sentimento e con espressioni di viva fede al grande spettacolo di “devozione verso il Divin Redentore dimorante tra noi sotto le specie eucaristiche”, di cui Vienna oggi è teatro, e ricordò le glorie cristiane dell’Impero, le chiese di origine apostolica, come Aquileia, Iuvanium, Laureacum; il sangue di tanti martiri; gli apostoli Severino, Ruperto, Vigilio, Cirillo e Metodio; Carlo Magno, le crociate e il Capistrano; l’opera di Innocenzo XI e del Sobiesky per la liberazione di Vienna e l’opera di Pio X per instaurare omnia in Christo. Quando ebbe finito, tutta l’udienza sorse in piedi come un sol uomo e gli fece un’entusiastica ovazione.

   Parlò poi il Principe Lichtenstein, presidente della Dieta e della giunta provinciale austriaca, quindi il Sindaco Neumayer di Vienna; il deputato belga Brifant, che parlò in francese in vece del ministro di Stato Helleputte; il prelato Swoboda, che illustrò il concetto fondamentale del Congresso, commentando il testamentum Jesu Christi e dimostrando che la SS. Eucarestia rappresenta il trionfo dell’impero di Cristo e che il suo trionfo è il trionfo dell’amore. 

La seconda e la terza adunanza plenaria (12-13 settembre 1912)

    Appena aperta dal presidente mons. Vescovo Heylen, nel pomeriggio del giorno 12, la seconda adunanza solenne, il Card. Nagl lesse il seguente telegramma di omaggio al S. Padre: “Al Santissimo Signore Pio Papa Decimo. Dieci Cardinali, centocinquanta Vescovi, e un ingente numero di sacerdoti e laici, riuniti sotto l’alto protettorato dell’augustissimo Imperatore Francesco Giuseppe, per celebrare il Congresso Eucaristico di Vienna, applaudono alla venerabile dottrina di Vostra Santità e le professano filiale obbedienza. Pregano con fervore Cristo nascosto nell’Eucarestia perché conservi, vivifichi e allieti sulla terra Vostra Santità e non la faccia cadere nelle mani dei suoi nemici. Imploriamo umilmente la benedizione apostolica sul suo Protettore, sulla Serenissima Casata e su tutti i congressisti. Cardinal Van Rossum

    Accolta con grandi applausi tale lettura, salì alla tribuna un italiano, il deputato al parlamento austriaco Bugatto di Gradisca, il quale, in un tedesco incensurabile, evocò la memoria della liberazione di Vienna dai Turchi, avvenuta 229 anni fa appunto in questo giorno, cioè il 12 settembre 1683, e tessé le lodi del cappuccino Padre Marco d’Aviano, friulano, grande predicatore, consigliere intimo di Leopoldo I, mediatore di fiducia del Papa e dei principi alemanni, angelo di consiglio nelle questioni religiose, politiche, diplomatiche e militari; alla cui infiammata parola e apostolica audacia si deve principalmente la salvezza di Vienna e di tutta la Cristianità nel 1683.

    Dopo un dotto discorso di Mons. Rainer, Vicario generale di Milwaukee nell’America del Nord, intorno ai grandi benefici dei decreti di Pio X per la Comunione frequente e quotidiana e per la Comunione dei fanciulli, comparve alla tribuna, salutato da grandi applausi, il P. Andlau, oratore sacro di bella fama, e prese a svolgere il tema molto simpatico all’udienza: “La SS. Eucarestia e la Casa d’Austria”. Il suo discorso fu un vero trionfo. Ricordati gli innumerevoli sacrifici della Casa d’Austria in quest’anno eucaristico per la glorificazione di Gesù Sacramentato, sacrifici scritti nel libro della vita, l’oratore esclama: “Ora io voglio qui ringraziarti in nome di tutte le nazioni, o Casa d’Asburgo”. A queste parole, accolte da fragorosissimi applausi, i Cardinali, i Vescovi e tutto l’immenso uditorio sorgono in piedi come un sol uomo, e si volgono giubilanti verso i membri della famiglia imperiale che, rimanendo seduti, s’inchinano per ringraziare. L’oratore aggiunge: “E soprattutto a te, o amato Imperatore!”. Qui si alzano in piedi anche gli Arciduchi e le Arciduchesse e l’entusiasmo, il giubilo, gli applausi, le acclamazioni formano un coro indescrivibile.

    La seconda adunanza si chiuse con un discorso, tenuto dal predicatore del duomo di Münster Donders, il quale parlò del pane terreno e del pane celeste di cui abbisogna l’operaio, dimostrando, con molta efficacia di ragioni e nobiltà d’eloquio, l’azione salutare della SS. Eucarestia per la vera riabilitazione dell’operaio.

    Nella terza adunanza solenne del 13 settembre, il primo oratore Mons. Stöber, parroco viennese, commemorò degnamente S. Clemente M. Hofbauer, delineando la sua ardente devozione al SS. Sacramento e l’attività prodigiosa ch’egli svolse, specialmente qui a Vienna, per ristabilirne e propagarne il culto.

    Quindi il presidente salì alla tribuna e lesse il seguente telegramma di risposta del S. Padre al telegramma di omaggio del Congresso. “Roma, 11 settembre, ore 11.55. Al Cardinale Van Rossum. Profondamente commossi dalla perspicua dichiarazione di fede cattolica e dalla benevola carità nei nostri riguardi, ringraziamo di cuore te, gli altri figli nostri Cardinali, i venerabili fratelli Vescovi e i carissimi fedeli, riuniti per adorare NS Gesù Cristo nel divino dono dell’Eucarestia, implorando Dio, che vede la gradita e benevola disposizione dell’animo vostro, affinché tutti voi rimeriti di premio condegno. Impartiamo con vivo piacere all’Augustissimo protettore del Congresso, alla sua Serenissima Casa, a te e a tutti coloro lì riuniti la nostra Apostolica Benedizione. PIO PAPA X”

    Appena finita questa lettura, che tutti ascoltarono in piedi con religioso silenzio, la parola del Papa fu salutata da uno scroscio di applausi. Seguirono poi tre discorsi: l’uno del P. Hofmann S.I. sulla Eucarestia e la vita degli Ordini religiosi, in cui l’oratore fece un parallelo molto felice sulla vita di nascondimento, di sacrificio, di obbedienza, di espiazione, di attività e di benedizione del Divin Redentore, quale modello della vita religiosa: l’altro del Conte Rességuier sulla pace per i popoli dinanzi al tabernacolo, che l’oratore chiuse con un’affettuosa invocazione a Gesù Sacramentato per la pace e la fratellanza universale; il terzo del P. Krotz O.P. di Berlino, sul rinnovamento del lavoro pastorale, in cui l’oratore a grandi linee tracciò il disegno di una organizzazione della cura d’anime nelle città e nelle campagne, e di una azione concorde del clero secolare e regolare e del laicato, per ricondurre specialmente gli uomini alla Chiesa. 

La solenne adunanza di chiusura (15 settembre 1912) 

    Sebbene in tutte le altre adunanze plenarie la Rotonda fosse così gremita di gente, quando, alle 11 in punto, si aprì l’adunanza, la polizia ne aveva già contate 25.000! eppure si continuava ad entrare a grandi frotte, finché la pubblica sicurezza non ammise più nessuno, essendo impossibile di fargli posto anche in piedi. Talché l’udienza raggiunse la cifra di almeno 30.000 persone.

    Chi non ha veduto tale spettacolo, non può formarsene un’idea.  Primo a parlare fu il P. Kolb S.I., chiamato apostolo della stampa, perché a lui si deve principalmente la fondazione e l’incremento del Piusverein. A lui fu pure affidato l’incarico di ordinare e compilare le singole risoluzioni, già votate nelle varie adunanze di sezione, per proporle poi nell’ultima adunanza plenaria. Ed ecco la prima risoluzione: “Il 23° Congresso Eucaristico internazionale offre a S. santità Pio Papa X gloriosamente regnante, i più ossequiosi ringraziamenti, i ringraziamenti più sentiti (applausi fragorosi) i ringraziamenti per i decreti sulla Comunione da S. santità pubblicati. Esso vi riconosce un rimedio efficace contro le piaghe dei nostri tempi, uno scudo potente per conservare l’innocenza dei fanciulli, ed un aiuto importante per mantenere la vita di grazia negli adulti. Il Congresso eucaristico prega tutti i fattori a ciò chiamati per adoperarsi, con tutte le forze e con ogni diligenza, per la piena esecuzione di tali decreti”.

    Dopo ciò il P. Kolb riassunse brevemente le altre risoluzioni e conchiuse con una proposta personale, quella cioè di sopportare pazientemente la prova del mal tempo, giacché non si era venuti a Vienna per divertirsi, ma per offrire al Divin Redentore un sacrificio di espiazione e di riparazione; onde tutti dovevano mettere ai piedi del Crocifisso i propri disagi e le intemperie della stagione, per raggiungere meglio il vero scopo del Congresso.

    Venne quindi la volta del magnate ungherese Conte Bela Somssich, il quale svolse il tema: “La SS. Eucarestia e l’avvenire della Chiesa”, auspicando che il trionfo eucaristico di Gesù Cristo nella processione di domani sia presagio del grande trionfo che, nel segno del rinnovamento eucaristico, celebrerà la Chiesa in un prossimo avvenire, allorché tutte le lingue canteranno con giubilo l’inno della vittoria: sia lodato e benedetto per sempre il SS. Sacramento dell’altare!

    Quale ultimo oratore del Congresso, parlò il cappuccino P. Künzle sul tema: “La Madre del bell’amore e la SS. Eucarestia”, illustrando le intime relazioni di Maria, quale Madre di Dio, Corredentrice del genere umano, Regina del sacerdozio cristiano, colla SS. Eucarestia, e osservando che ogni congresso eucaristico è anche un congresso mariano, poiché la Madre non si può separare dal Figlio, e dove viene onorata maria, perciò stesso anche Gesù Cristo è glorificato.

    A nome dei cattolici spagnoli, l’Arcivescovo di Valencia, Mons. Guisasola y Menendez prese poi la parola in latino, per istituire un confronto tra il Congresso eucaristico di Vienna e quello dell’anno scorso a Madrid, inneggiando ai due monarchi cattolici, Francesco Giuseppe d’Austria e Alfonso di Spagna, legati insieme dai vincoli del sangue e della fede comune, e facendo voti per la prosperità della casa e dell’impero austriaco.

    Gli succedette il Card. Amette, Arcivescovo di parigi, con un discorso in francese, per offrire l’omaggio della Francia cattolica alla cattolica Austria, e rallegrarsi del grande trionfo, celebrato in questi giorni dal popolo di Vienna e di tutto l’Impero, in onore di Gesù Cristo Sacramentato, auspicando, quale frutto delle comuni preghiere, il ritorno della Francia ufficiale al culto eucaristico, di cui in questi giorni l’Imperatore austriaco volle dare ai suoi popoli sì nobile esempio.

    Finalmente salì alla tribuna S. Em. il Card. Legato, per recitare il suo solenne discorso di chiusura. Disse che il Congresso era non solo splendidamente riuscito, ma aveva superato le speranze più ardite! Ne ringraziò quindi la SS. Trinità, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, e la SS. Vergine, che in questi giorni fu sì larga delle divine grazie verso il Congresso.

    Dopo aver ringraziato l’Imperatore, vero padre dei suoi popoli, pregò i congressisti, tedeschi e ungheresi, boemi e polacchi, ruteni e romeni, sloveni e slovacchi, croati e serbi, di portarne la lieta novella colla divozione al Divin Sacramento nelle loro patrie e nelle loro famiglie; pregò i sacerdoti di promuovere tra i fedeli la Comunione frequente e quotidiana. Concluse con augurare a tutti i popoli dell’Austria che la SS. Eucarestia sia per loro il sole della luce e della vita, della felicità e della pace.

    L’ultima parola fu quella del presidente Mons. Heylen, che con costanza e zelo instancabile ebbe a dirigere le solenni adunanze della Rotonda. Dopo aver fatto recitare in piena adunanza un’Ave Maria per la felice riuscita della processione di domani, egli annunciò che il prossimo congresso verrà tenuto l’anno venturo a Malta, ed offrì a nome di tutto il congresso il tributo della più profonda riconoscenza al Card. Legato. 

La grande processione (16 settembre 1912) 

    Quanti timori e quante speranze per questa tanto sospirata processione, nei tre giorni precedenti, in cui una pioggia invernale, accompagnata da un vento di ovest, umido e freddo, non cessò mai di molestare i congressisti! La mattina del 16 il tempo era pessimo, vento freddo, uggioso e pioggia continua, di quelle che sembra non vogliano finir mai. Centinaia di migliaia di persone, armate alla meglio di ombrelli e di mantelli, si riversano sui luoghi, dove deve formarsi e sfilare la processione.

    La processione, fortemente voluta dallo stesso imperatore, incominciò a muoversi alle sette e mezza, secondo il disegno lungamente studiato e preparato in tutti i minimi particolari.

    Composta di soli uomini, con tattica militare, sfilarono anzitutto 84.658 persone. Poi venne il clero con 6.000 sacerdoti cui si aggiunsero i gruppi di donne che fanno spalliera al Ring, alla piazza di Maria Teresa e alla piazza degli Eroi (39.800); gli ufficiali (2.800), gli impiegati (3.500) e il pubblico delle tribune (14.000); e si ha il numero totale di 150.758 persone, che prendono parte attiva alla processione e i cui nomi sono tutti registrati negli uffici. Degli altri, che vi assistono da semplici spettatori, è impossibile sapere il numero; ma, se si rifletta che Vienna ha una popolazione di due milioni, aumentata in questi giorni da centinaia di migliaia di forestieri, si potrà facilmente formarsi un’idea dell’immensa moltitudine di popolo schierato al passaggio di Gesù Sacramentato.

    La processione procede dallo sbocco della Wollzeile sul Ring verso la porta esterna della reggia fino alla piazza degli Eroi. Al punto di partenza il Principe Lichtenstein chiama gli studenti a mettersi in testa al corteo. La musica suona una marcia, i comandanti a cavallo gridano: vorwärts (avanti)! Si muovono per primi gli studenti di Karlburg, poi l’Unione cattolica popolare austriaca. Seguono i rappresentanti delle varie nazionalità austriache e straniere, coi loro distintivi nazionali e coi loro vestiti pittoreschi: belgi, francesi, tedeschi, italiani, inglesi, spagnoli, albanesi, svizzeri, ungheresi, croati, sloveni, boemi, polacchi, ecc.

    Attirò in modo particolare l’attenzione e l’ammirazione di tutti è il “gruppo della Croce” composto di Tirolesi. Dodici robusti contadini portano un Crocifisso gigantesco di legno del peso di 200 kg. Lo seguono alpigiani e valligiani tirolesi in gran numero, con le loro vetuste bandiere, lacere e foracchiate dalle palle nemiche nelle tante battaglie, sostenute già contro gli invasori.

    Spettacolo veramente grandioso ed edificante è quello del clero, 6.000 o meglio, contati quelli che si aggiunsero al corteo, 8.000 sacerdoti secolari e regolari, che procedono cantando, salmeggiando, recitando il Santo Rosario, senza punto curarsi del fango, del vento e della pioggia, né dei malanni, che si sarebbero buscati!

    Lascio di ritrarre l’impressione grandiosa, indimenticabile, che produceva in tutti gli spettatori il corteo della Corte imperiale, con tutto lo sfarzo delle grandi occasioni, per rendere omaggio al Re dei Re  e al Sovrano dei Sovrani: squadroni di cavalieri della guardia imperiale, commissari di corte, trombettieri, paggi; una settantina di ciambellani e di consiglieri intimi a cavallo, una ventina di consiglieri intimi in cocchi di gala della corte imperiale.

    E dietro a tanta pompa, il gran cocchio, tutto scintillante di fregi in oro, a grandi vetrate, costruito a Madrid al tempo di Carlo VI, tirato da otto focosi destrieri bianchi, puro sangue spagnolo, accompagnati da scudieri imperiali, dove, visibile da tutte le parti, troneggia il Santissimo, col Card. Van Rossum a destra e col Card. Nagl a sinistra, inginocchiati dinanzi alla tremenda maestà; mentre a piedi lo circondano sacerdoti con ceri accesi e con gli incensieri in mano.

    Dietro al Santissimo l’Imperatore coll’Arciduca ereditario, in una berlina tirata da otto superbi morelli; poi 12 arciduchi in cinque cocchi tirati ciascuno da sei cavalli; finalmente una selva di guardie nobili e di arcieri a cavallo. Al passaggio del Santissimo, si fa dappertutto un silenzio profondo e tutti per adorarlo si prostrano nel fango, senza dar alcun segno di ossequio all’Imperatore, che immediatamente lo segue. Ma quando il Re della gloria è passato, allora scoppiano applausi e acclamazioni infinite, con cui si vuole evidentemente celebrare il grande atto di omaggio reso dall’Imperatore a Gesù sacramentato.

    Sfilato tutto il corteo fino alla piazza degli Eroi, il SS. Sacramento fu recato alla parrocchia di corte, dove il Card. Van Rossum celebrò alla presenza dell’Imperatore, della corte e dei vescovi, una Messa bassa, non permettendogli il mal tempo di celebrarla all’altare in forma di tribuna, preparato sopra il portone esterno della reggia, com’era fissato nel programma.

    Con questa grandiosa processione si chiuse degnamente il XXIII Congresso Eucaristico internazionale di Vienna, che per confessione di coloro i quali ebbero assistito agli altri precedenti, li ha superrati, e forse non sarà superato da alcun altro seguente. Vero è che, se il tempo non fosse stato così ostinatamente contrario, lo splendore dei festeggiamenti sarebbe riuscito più magnifico e la processione si sarebbe svolta con ben maggiore apparato di pompa solenne. Ma lo spettacolo di tanto concorso, di tanta costanza, e di tanto entusiasmo, in sopportare tutti i disagi e tutti i sacrifici della stagione precocemente invernale, ha impresso al Congresso e alla processione un carattere di grandiosità che altrimenti non avrebbe avuto.

Nella foto di testa: La cartolina ricordo del Congresso di Vienna presenta la carrozza imperiale sull quale il SS. Sacramento percorse il Ring della città imperiale nel corso della grande processione eucaristica conclusiva.

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