Scenario del Congresso è stata Budapest, una grande città di quell’Europa dove la fede cristiana sembra aver esaurito la sua spinta vitale. La capitale magiara non era nuova all’esperienza del Congresso perché nel 1938 vi si celebrò il 34° Congresso eucaristico internazionale a cui Pio XI inviò, come suo Legato, il Cardinale Pacelli che di lì a poco sarebbe salito sul soglio di Pietro col nome di Pio XII. Si era allora alla vigilia della II guerra mondiale e in Ungheria si respiravano già i presagi dell’imminente catastrofe.
L’Ungheria d’oggi conta ca. 10 milioni e 200 mila abitanti. Do essi il 55% è di confessione cattolica e il resto si divide tra agnostici, calvinisti (16%), luterani (3%) e greco-ortodossi (meno dell’1%). Dopo la caduta della “cortina di ferro” e lo scioglimento del Patto di Varsavia nel 1989, le diverse Chiese ungheresi hanno accresciuto la collaborazione ecumenica soprattutto sulle questioni sociali che interpellano il Paese. Budapest, la capitale, conta circa 1.700.000 abitanti all’interno di un'area metropolitana che ne raccoglie più di 3 milioni. La sua posizione nell’Europa centro-orientale e la sua storia hanno contribuito a trasformare la città in una meta turistica popolare visitata annualmente, prima dell’attuale pandemia, da più di cinque milioni i turisti.
Calandosi nella realtà e nella storia ungherese, il Congresso eucaristico internazionale ha privilegiato il contesto della nuova evangelizzazione che passa attraverso la riproposizione della fede, l’impegno pastorale di tipo catechetico e liturgico, l’attenzione sincera alla carità nel sociale, l’educazione di un laicato maturo, uno sforzo maggiore nella comunione ecclesiale e nel cammino ecumenico.
Il tema scelto per le assise eucaristiche, «Sono in te tutte le mie sorgenti» ha sollecitato a ritrovare nell’Eucaristia la fonte della vita e della missione evangelizzatrice della Chiesa nella società post-moderna e globalizzata. Archiviati i fasti di un passato neppure troppo lontano, attraverso un obbligato bagno di realismo, il Congresso - con le sue celebrazioni, i momenti d’incontro, di studio e di testimonianza - ha offerto possibilità per nuove primavere evangeliche.
Dal punto di vista numerico, questo evento internazionale ha forzatamente risentito delle limitazioni poste dalla pandemia ai viaggi internazionali, ma ciò non ha impedito di radunare i rappresentati di 75 Paesi del mondo. La maggior parte dei pellegrini veniva da Paesi da cui, grazie al contenimento del Covid e all’introduzione del Green pass, è stato possibile raggiungere Budapest senza particolari restrizioni. Inoltre, per il dilatamento dei tempi di preparazione, il Congresso ha goduto di uno svolgimento ordinato e dell’ampliamento delle proposte religiose e culturali.
La porta introduttiva al Congresso è, tradizionalmente, il simposio teologico il cui scopo è quello di radunare teologi e pastori al fine di approfondire il tema del Congresso ed offrire nuove piste per il cammino delle Chiese. Quale sede dell’incontro è stato scelto il Centro S. Adalberto situato ad Esztergom dove, nel pomeriggio di giovedì 2 settembre, si sono riuniti i partecipanti.
La città di Esztergom, a poco più di 50 chilometri a nord di Budapest, è stata la prima capitale dello stato ungherese e sede millenaria del cardinale Primate d’Ungheria. È dominata da una grande basilica che, da uno sperone roccioso, domina l’ansa del Danubio che oggi separa l’Ungheria dalla Slovacchia. La sua importanza storica ha suggerito, fin dal primo anno di preparazione, l’idea di svolgere in questo luogo il simposio teologico.
Per complessivi due giorni, l’incontro ha preso in esame l’Eucaristia da diversi punti di vista grazie a dodici relatori provenienti da Europa, Africa e America Latina. Circa 300 sono stati gli iscritti, in gran parte studiosi, professori dei seminari del Paese, teologi, operatori pastorali, alcune suore e studenti di teologia. Questo incontro avrebbe dovuto, secondo le parole di benvenuto del cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest e primate di Ungheria, rispondere alla domanda: «Come può l’Eucaristia offrire vita e speranza all’uomo del ventunesimo secolo, che vive tra paure, che vorrebbe proteggere il creato ma non sa esattamente come, cosciente che senza il cristianesimo il mondo sarebbe più povero ma incapace di rendere vitale e efficace questa forza straordinaria per l’umanità di oggi?»
Gli approfondimenti del tema del Congresso sono stati offerti da mons. Pierangelo Sequeri («L’Eucaristia fonte della vita cristiana»), dal vescovo camerunense Joseph-Marie Ndi-Okalla («Caratteristiche teologiche della liturgia eucaristica in Africa»), da studiosi ungheresi come Lajos Dolhai, rettore del collegio teologico di Eger e presidente del comitato teologico del Congresso, da Kàroly Hafenscher, presidente del Sinodo della Chiesa luterana ungherese («Il punto di vista del Consiglio Ecumenico sulla comunione»), dal gran maestro dell’ordine domenicano Gerad Francisco Timoner («La sinassi eucaristica, paradigma della sinodalità»), dall’esarca apostolico della Chiesa cattolica bizantina greca Nin i Guell, dal francescano brasiliano Antonio Luiz Catelan Ferreira, dalla prof.a austriaca Marianne Schlosser («Teologia dell’adorazione») e dal vescovo ausiliare di Zagabria mons. Ivan Šaško («Eucaristia e sacramento della riconciliazione»). Nel pomeriggio dei giorni del simposio, i workshop distribuiti nei locali del Centro Sant’Adalberto, hanno visto la partecipazione di altri distinti studiosi che hanno presentato alcuni selezionati argomenti legati alla teologia, alla pastorale, all’esegesi biblica, alla storia e all’ecclesiologia eucaristica.
Le celebrazioni hanno avuto luogo nell’enorme cattedrale primaziale dedicata alla Vergine Assunta in cielo e sono state presiedute, giorno dopo giorno, dai cardinali Péter Erdő, Gerard Lacroix e da mons. Piero Marini, presidente del Pontificio Comitato per i Congressi eucaristici.
Sabato 4 settembre, proprio mentre si chiudeva il simposio teologico, nella Piazza Giovanni Paolo II di Budapest e, in contemporanea, nelle altre diocesi del Paese, si è tenuta un’agape gioiosa che ha riunito, complessivamente, più di 5 mila persone bisognose. Nella capitale, l’agape ha visto la partecipazione del cardinale Primate insieme con alcuni ministri. Seduti a tavola con circa 600 ospiti - famiglie bisognose, anziani, e persone sole - le autorità ecclesiastiche e politiche hanno consumato il gulasch di manzo ed il dolce del Congresso eucaristico preparato per l’occasione. L’evento, la cui organizzazione pratica è stata affidata a ordini religiosi, Caritas e movimenti ecclesiali, aveva l’obiettivo di mostrare l’amore gratuito di Dio ai piccoli e ai poveri. Questa tavola imbandita è stata uno spazio di comunione e di festa per ospitare persone che altrimenti non avrebbero potuto partecipare al Congresso.
In quella sera di vigilia, poi, la comunità di fede ebraica di Budapest, ha invitato i vescovi e gli ospiti d’onore del Congresso nella grande sinagoga di Via Dohány per una elevazione musicale che voleva manifestare la forza del dialogo ebraico/cristiano. Nella grande costruzione ottocentesca, di stile moresco-orientale, sormontata da due alte torri, dopo i saluti del rabbino capo e dell’arcivescovo, il concerto è stato introdotta dalla nuda voce di un solista che, nel silenzio generale, ha cantato la preghiera dello Shemà Israel.
Il dialogo tra le due religioni è tanto più significativo se si pensa che Budapest è una delle città europee con la presenza ebraica numericamente più significativa e i cittadini di religione ebraica hanno rivestito un ruolo fondamentale nell’edificazione della moderna Ungheria. Oggi, dopo la tragedia della Shoah e le distanze fomentate dalla nomenclatura comunista al tempo della “guerra fredda”, i rapporti tra cattolici ed ebrei sono amichevoli e cordiali e la Chiesa, a partire dai suoi vertici, non smette di sottolineare che l’antisemitismo «non è cristiano, ma profondamente inumano e totalmente inaccettabile».
Domenica 5 settembre, il 52° Congresso eucaristico internazionale è stato inaugurato in Piazza degli Eroi, al centro ideale della capitale, con una grande festa di benvenuto e con la Messa solenne cui hanno partecipato anche le più importati cariche dello Stato.
Le attività vere e proprie del Congresso sono iniziate lunedì 6 settembre all’Hungexpo Budapest. L’Hungexpo è il polo fieristico della capitale ungherese, ubicato all’immediata periferia della città ma ben collegato con il centro. Il padiglione utilizzato come sede del Congresso aveva un capienza di circa 15 mila persone; negli altri padiglioni, uniti da uno spazioso collegamento coperto, hanno trovato spazio i workshop pomeridiani, i servizi di accoglienza e di catering, la sala stampa ed esposizioni varie.
La giornata congressuale tipo aveva inizio con la celebrazione della liturgia delle Lodi guidata da un vescovo e proseguiva con una catechesi generale cui faceva seguito l’esperienza di un testimone. Dopo una pausa segnata da un momento di spettacolo (danze folcloristiche, canti corali, musiche o altre forme di intrattenimento), alle ore 11,30 si celebrava l’Eucaristia sul grande podio centrale. Il pranzo concludeva la mattinata. Nel primo pomeriggio, a partire dalle 14,30, nei vari padiglioni, si tenevano i workshop favoriti dalle traduzioni simultanee e dalla trasmissione video sui grandi schermi HD di ultima generazione, disseminati ovunque.
Le catechesi generali, affidate a dei cardinali, sono state inaugurate dal porporato João Tempesta che, per le difficoltà dovute alla pandemia, si è collegato in videoconferenza da Rio de Janeiro per presentare l’Eucaristia come fonte di amore operoso. Nei giorni seguenti hanno trovato spazio rappresentanti di tutti i continenti: il cardinale Lacroix di Québec ha riflettuto sull’Eucaristia come fonte della pace; il Patriarca di Babilonia dei Caldei, Louis Raphael Sako, ha ricordato le difficili condizioni dei cristiani iracheni; il cardinale Charles Maung Bo del Myanmar, già legato pontificio del Congresso Eucaristico Internazionale di Cebu, ha ricordato le sfide a cui è chiamata a rispondere la sua Chiesa particolare e ha sviluppato il tema dell’Eucaristia fonte della pazienza; il cardinale nigeriano John Onaiyekan ha presentato la dottrina eucaristica post-conciliare; l’arcivescovo di Praga card. Dominik Duka, ha mostrato che l’unica Chiesa che può diventare attraente per l’uomo di oggi, è la Chiesa dell’Eucaristia.
Tra le testimonianze che hanno fatto immediatamente seguito alle catechesi maggiori ricordiamo quella del sacerdote ucraino Konstantin Szabó che, con evidente commozione, ha ripercorso la lunga storia di persecuzioni e di resistenza che ha segnato la comunità greco-cattolica del suo Paese. Si sono poi ascoltati il brasiliano Moysés Azevedo che ha raccontato la nascita e lo sviluppo della comunità Shalom oggi sparsa nel mondo; Barbara Heil, già missionaria protestante; Mary Healy, teologa e biblista. Lo stesso Presidente della Repubblica d’Ungheria, János Áder, ha offerto la sua testimonianza di cristiano impegnato nelle istituzioni.
Le sessioni pomeridiane distribuite in vari padiglioni dell’Hungexpo, sono state limitate a poco più di un’ora per lasciare spazio alle altre attività dei pellegrini. Vi è risuonata la parola di uomini e donne di Chiesa, vescovi, religiosi e laici, che hanno potuto illustrare idee e attività, proporre riflessioni ed iniziative legate strettamente all’Eucaristia e ai suoi diversi aspetti.
La dimensione ecumenica del Congresso - assolutamente normale in un Paese della Mitteleuropa in cui da sempre s’intrecciano fedi e religioni diverse e in cui convivono Chiese storiche di differenti confessioni - si è manifestata in vari modi. Il metropolita Hilarion, presidente del Dipartimento delle Relazioni Esterne del Patriarcato di Mosca, è intervenuto al Congresso con una relazione significativa nella quale ha evidenziato che Chiesa cattolica e ortodossa, pur in una situazione di non perfetta comunione, sono unite dalla fede nella presenza reale di Cristo nel sacramento dell’Eucaristia. Assai significativa poi, la presenza di Bartolomeo, Patriarca ecumenico di Costantinopoli, intervenuto in diversi momenti del Congresso e di cui si dà conto qui sotto.
Infine le celebrazioni liturgiche quotidiane. La liturgia delle Lodi e la celebrazione eucaristica sono state presiedute da vescovi di diversi Paesi e continenti e sono state animate, in modo assai ricco, da complessi corali e strumentali che hanno palesato non solo la diffusa cultura musicale dell’Ungheria, ma anche l’importanza che la liturgia continua ad avere nella pietà del popolo.
L’inaugurazione del Congresso ha avuto luogo nel grande palco eretto nella centralissima Piazza degli Eroi. Il luogo, ricco di elementi politici e storici, ospita il Monumento del Millenario con le statue dei capi delle sette tribù che fondarono l'Ungheria alla fine del IX secolo ed altri personaggi della storia ungherese. La costruzione del memoriale, iniziata con la celebrazione del primo millennio dell'Ungheria (1896), terminò solo nel 1929. All’ombra del monumento vi è il cenotafio dedicato «Alla memoria degli eroi che diedero la vita per la libertà del loro popolo e l’indipendenza nazionale». Il tutto è sovrastato da una colonna su cui la statua dell’arcangelo Gabriele regge la corona di Santo Stefano e la croce apostolica del regno magiaro.
Fu in questa stessa piazza che il 29 maggio 1938, il cardinale Pacelli, legato pontificio, celebrò la Messa conclusiva del 34° Congresso eucaristico internazionale, alla vigilia della seconda guerra mondiale che, ancora una volta, avrebbe sconvolto la fisionomia dell’Europa centrale.
La cerimonia di apertura nell’attesa della Messa inaugurale, ha messo in scena una corposa kermesse che, sotto il titolo generico di Ungheria, terra di Maria, ha presentato le tradizioni popolari cristiane del bacino dei Carpazi che legano la fede del popolo ungherese d’oggi ad una tradizione religiosa millenaria.
Alle ore 16 di quella splendida domenica di sole, ha avuto inizio la celebrazione dell’Eucaristia presieduta dal cardinale Angelo Bagnasco ( il Santo Padre non ha ritenuto necessario nominare un Legato in previsione della sua presenza alla celebrazione finale della Statio orbis), presidente del Consiglio delle Conferenze dei Vescovi d'Europa. Concelebravano una sessantina di vescovi e diversi cardinali tra cui Lacroix, Porras Cardoso, Hollerich, Onaiyekan, Soo-Jung, Fitzgerald, Sarah, Kambanda, il Patriarca maronita Boutros Rai, il Patriarca greco-melchita Absi. Insieme alle massime autorità dello Stato erano presenti folte rappresentanze delle scuole cattoliche dell’arcidiocesi e ben 1.200 bambini e bambine che celebravano la loro Messa di prima comunione.
Nel suo discorso di saluto, il Primate cardinale Péter Erdő, dopo aver ringraziato Dio per la possibilità di tenere questa celebrazione, ha sottolineato l’essenza del Congresso eucaristico: «Ringrazio la Divina Provvidenza che oggi possiamo aprire in modo ufficiale il 52° Congresso Eucaristico Internazionale. Dopo il rinvio dello scorso anno, sentiamo che le nostre vite non dipendono solo dai nostri sforzi umani. Ringrazio il Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali per il suo aiuto e lavoro; gli organizzatori ungheresi per il loro grandioso sostegno e tutta la società ungherese per la sua generosa disponibilità… Il Signore Dio ci doni di poter sentire in questi giorni che Cristo è con noi nell’Eucaristia. Non lascia da sola la Chiesa, i popoli, l’umanità. Tutte le nostre forze e speranze provengono da Lui. L’Eucaristia è la fonte da cui si alimenta la nostra vita cristiana, la nostra missione. Signore Dio, resta con noi! Dacci la forza e la luce per la nostra missione nel mondo di oggi! Concedici di vivere insieme con te qui sulla terra e poi nell’eternità!».
Nell’omelia, il cardinale Bagnasco ha salutato i bambini della prima comunione incoraggiandoli a trovare in Gesù un amico che non tradisce. Poi si è rivolto ai giovani delle scuole cattoliche perché vivano la loro esperienza formativa senza pregiudizio verso la dimensione religiosa e cristiana. «Oggi - ha detto - dalla grande debolezza del pensiero nascono anche le difficoltà della fede. La fede, infatti, non è nemica della ragione, ma la cerca, così come la ragione ha bisogno della fede per essere veramente se stessa». E ha richiamato l'attenzione degli studenti sul fatto che la loro vita sarà bella se diventeranno utili.
Infine il cardinale si è rivolto all’assemblea «per un rinnovato e accorato invito: o voi tutti che sentite maggiormente il peso della croce, voi che piangete, voi che siete perseguitati per la giustizia, voi che vi sentiti senza voce e senza patria, voi gli sconosciuti del dolore … riprendete coraggio, il Signore è vicino, è accanto ad ogni cuore che si apre a Lui. Egli è venuto nel mondo non solo per condividere la condizione umana, ma soprattutto per elevarci fino alla Trinità. Questo mistero è grande ma è qui su questo altare, e resterà con noi fino alla fine dei tempi».
Dopo la Messa, gli ospiti del 52° Congresso sono stati invitati a un ricevimento nel castello di Vajdahunyad che sorge nell’attiguo parco cittadino, copia parziale di un castello della Transilvania costruito per la mostra del millennio (1896) e diventato popolarissimo.
Nel pomeriggio di sabato 11 settembre, sul grande palco preparato in Piazza Kossuth, la piazza antistante i Parlamento, alle ore 15 è iniziato il programma introduttivo alla celebrazione della Messa e alla processione eucaristica per le vie di Budapest.
Prima dell’inizio della celebrazione, il Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo, ha portato il suo saluto alla folla dei presenti. Ha evidenziato che la Chiesa, nella santa liturgia, riunisce i fedeli in un unico corpo, senza alcuna distinzione di razza, sesso, età e indipendentemente dallo stato sociale, culturale o finanziario. Ha sottolineato, poi, che le iniziative della Chiesa per la tutela dell'ambiente naturale e la cultura della solidarietà sono radicate nelle esperienze eucaristiche e nella teologia. La vita stessa della Chiesa, ha aggiunto, è ecologia e solidarietà applicata e per questo «ogni oggettivazione e sfruttamento della creazione e del nostro prossimo distorce la cosmologia e l'antropologia cristiana». Bartolomeo ha perorato a lungo anche la necessità della riconciliazione fra la Chiesa d'Oriente e quella d'Occidente: «La realizzazione eucaristica della Chiesa nel calice comune e nella condivisa testimonianza cristiana nel mondo è il desiderio e il sogno di tutti noi. I cristiani d’Oriente e d’Occidente, infatti, appartengano allo stesso spazio spirituale».
La Messa è stata presieduta dal cardinale Peter Erdő che, nella sua omelia, ha evidenziato come un dono speciale della Provvidenza di Dio la possibilità di celebrare insieme l’Eucaristia in quel luogo così significativo per la nazione. Ha, poi, sottolineato la venerazione del popolo magiaro per Maria Madre della Chiesa ricordando l’episodio della vita del re santo Stefano, che, trovandosi senza eredi al trono, offrì la sua corona alla Vergine perché proteggesse gli ungheresi, appena integrati nella comunità delle nazioni europee, dalle innumerevoli minacce che li sovrastavano. La Vergine Maria, ha aggiunto il cardinale, ha accettato questa offerta e da un millennio gli ungheresi e il cristianesimo percorrono insieme il cammino della storia.
Alla conclusione della Messa, è iniziata la processione eucaristia. «Questa sera - aveva detto il Primate - accendiamo le nostre candele perché di nuovo siamo riuniti con Gesù al suo banchetto di vita, perché le sue parole continuano a risuonare nelle case delle famiglie, nelle chiese, nei carceri, nei campi di lavoro, in segreto e all'aperto. E dopo la Messa ci metteremo in cammino con il Santissimo Sacramento, per annunciare alla città e al mondo il miracolo della presenza di Gesù e chiedere la sua benedizione su tutti noi».
Percorrendo il centralissimo Viale Andrassy in tutta la sua lunghezza, il corteo è giunto, dopo 4,5 chilometri, a Piazza degli Eroi. In un’ora e mezza la testa della processione era giunta alla meta ma la coda di popolo stava ancora lasciando Piazza Kossuth. Al centro della devozione il carro speciale con l’Eucaristia collocata nel grande ostensorio di mt. 1,60, ai cui piedi erano inginocchiati il cardinale arcivescovo, il presidente del Pontificio Comitato per i Congressi e il Nunzio apostolico. La processione, illuminata da migliaia di fiaccole, si è ingrossata procedendo man mano, tra due devote ali di folla. Oltre duecentomila i partecipanti, tra preghiere e canti; decine di migliaia i giovani. L’intensa partecipazione, è stata favorita da una organizzazione perfetta, ben calibrata, con una sonorizzazione distesa lungo tutto il percorso che trasmetteva in diretta canti e preghiere le cui parole apparivano sui grandi schermi innalzati sopra il viale, a distanza di poche centinaia di metri l’uno dall’altro. La benedizione conclusiva con il SS. Sacramento è stata seguita come sempre dal canto dell’inno del Congresso, con cui si è sciolta dell’assemblea.
Per la prima volta dall’anno Duemila, il Papa è ritornato a presiedere la Statio orbis del Congresso. Atterrato intorno alle 7,45 all’aeroporto di Budapest, Francesco è stato accolto dal Vice primo ministro, Zsolt Semjén e da due bambini in abito tradizionale che gli hanno offerto fiori. Da lì si è recato al Museo delle Belle Arti collocato sul lato occidentale di Piazza degli Eroi dove è stato accolto dal Presidente della Repubblica, János Áder, e dal primo ministro, Viktor Orbán. Insieme si sono recati nella Sala Romanica, dove ha avuto luogo un incontro, al quale erano presenti anche il Segretario di Stato vaticano e il Segretario per i Rapporti con gli Stati.
Poi il Papa si è recato nella Sala Rinascimentale, dove ha avuto luogo l’incontro con i 35 vescovi locali. In un discorso incisivo, ricco di spunti sul modo in cui la Chiesa deve essere presente all’interno della società ungherese, Francesco ha chiesto ai presuli di «custodire le radici religiose e la storia da cui proveniamo, senza però restare con lo sguardo rivolto indietro: guardare avanti e trovare nuove vie per annunciare il Vangelo» e di fare del ministero episcopale «una voce profetica». Per portare avanti questa missione il Papa ha chiesto che i vescovi siano anzitutto annunciatori del Vangelo senza cedere alla tentazione «di chiuderci nella difesa delle istituzioni e delle strutture» e di «essere testimoni di fraternità» perché «il vostro Paese è luogo in cui convivono da tempo persone provenienti da altri popoli. Varie etnie, minoranze, confessioni religiose e migranti hanno trasformato anche questo Paese in un ambiente multiculturale. Questa realtà è nuova e, almeno in un primo momento, spaventa. La diversità fa sempre un po’ paura perché mette a rischio le sicurezze acquisite e provoca la stabilità raggiunta».
Infine ha raccomandato «di mostrare sempre, insieme ai sacerdoti e ai collaboratori pastorali, il volto vero della Chiesa: un volto accogliente verso tutti, anche verso chi proviene da fuori».
Nella sala accanto, la Sala dei Marmi, ha avuto poi luogo l’incontro con i rappresentanti del Consiglio ecumenico delle Chiese e con alcune Comunità ebraiche dell’Ungheria. Francesco ha offerto loro un discorso ampio, tutto intriso di spirito di fratellanza e integrazione soffermandosi sull’immagine del Ponte delle Catene che unisce le due parti della città: «Non le fonde insieme, ma le tiene unite. Così devono essere i legami tra di noi. Ogni volta che c’è stata la tentazione di assorbire l’altro non si è costruito, ma si è distrutto; così pure quando si è voluto ghettizzarlo, anziché integrarlo».
Uscito poi sulla piazza, Francesco ha compiuto un giro tra la folla in papamobile prima di celebrare l’Eucaristia. Nella sua omelia, commentando il Vangelo della domenica, ha chiesto il «rinnovamento del discepolato», passando dall’ammirazione per Gesù alla sua imitazione.
Alla fine della Messa, mons. Piero Marini, presidente del Pontificio Comitato per i Congressi eucaristici internazionali, ha rivolto al Pontefice un discorso di saluto e di ringraziamento. Infine, dopo i riti di conclusione della Messa, Francesco ha pronunciato l’Angelus, esprimendo il suo augurio finale: «Eucaristia significa “azione di grazie” e al termine di questa Celebrazione, che chiude il Congresso Eucaristico e la mia visita a Budapest, vorrei di cuore rendere grazie. Grazie alla grande famiglia cristiana ungherese, che desidero abbracciare nei suoi riti, nella sua storia, nelle sorelle e nei fratelli cattolici e di altre Confessioni, tutti in cammino verso la piena unità… Nel rinnovare la gratitudine alle Autorità civili e religiose che mi hanno accolto, vorrei dire köszönöm [grazie]: grazie a te, popolo di Ungheria. L’Inno che ha accompagnato il Congresso si rivolge a te così: «Per mille anni la croce fu colonna della tua salvezza, anche ora il segno di Cristo sia per te la promessa di un futuro migliore». Questo vi auguro, che la croce sia il vostro ponte tra il passato e il futuro!». E ha terminato così:«Isten, áldd meg a magyart! [Dio benedica gli ungheresi!]». Le parole pronunciate dal Santo Padre nella lingua locale hanno toccato tutti anche perché sono la prima frase dell’inno nazionale magiaro.
Dopo la Messa, Francesco si è diretto all’aeroporto, dove è avvenuta la cerimonia di congedo prima del decollo per Bratislava.
La celebrazione del Congresso di Budapest, nel cuore di un’Europa secolarizzata in cui il Vangelo e le forme dell’appartenenza religiosa sono diventate marginali, ha posto gli organizzatori davanti a numerose sfide. Come fare della celebrazione eucaristica una fonte di vita a cui tutti possono attingere, una manifestazione del Vangelo perché i credenti assidui come quelli occasionali possano incontrarsi con Dio nell’umanità del Signore Gesù? Come fare dell’Eucaristia celebrata un luogo inclusivo e non “esclusivo”, uno spazio disponibile all’accoglienza dei diversi cammini spirituali, segno di comunione e di misericordia della “Chiesa in uscita”? Come recuperare la “dimensione sociale” dell’Eucaristia generando processi storici di crescita che, a partire dalla celebrazione sacramentale, impegnino le comunità cristiane ad umanizzare il mondo? Insomma: come fare della Chiesa il luogo della comunione con il “Cristo totale” nel sacramento, nella carità e nella missione senza separare il Cristo Capo dal suo Corpo, cioè la comunione sacramentale con Cristo da quella con le sue membra?
Queste sfide si sono affrontate per quanto è stato possibile, nonostante i limiti imposti dal tempo di pandemia, attraverso i gesti e le occasioni che il Congresso ha offerto ai partecipanti.
In questo senso sono andate le aperture ecumeniche che hanno, nel Paese, una tradizione ormai assodata. Vissute con convinzione e sostenute da testimonianza di valore, esse hanno in qualche modo pervaso i tempi del Congresso. Inoltre si è avuto un contatto particolare con la liturgia e gli usi dei cattolici di rito orientale anche attraverso la Divina Liturgia celebrata con la partecipazione di 50 vescovi cattolici di rito orientale nella basilica di Santo Stefano.
Un’altra specificità della manifestazione è stata l’attenzione ai rom, una minoranza che raccoglie il 10% della popolazione ungherese. Un’attenzione che viene da lontano visto che la Conferenza Episcopale ha provveduto alla traduzione della Bibbia in lingua lovári (romanì), e più recentemente anche dell’Ordinario della Messa. A tale proposito, mercoledì 1 settembre, a Santo Stefano, si è tenuta la prima esecuzione assoluta, in forma di concerto, della “Messa rom” in lingua lovári composta appositamente in vista del Congresso da Gergő Oláh Patrik, con la partecipazione dell’Orchestra Filarmonica Nazionale e di due solisti ben noti al pubblico locale. Tra gli ascoltatori anche il Presidente della Repubblica ungherese. La stessa Messa è stata, poi, riproposta nel corso della celebrazione di giovedì 9 settembre all’Hungexpo.
Il Congresso ha favorito l’incontro tra la comunità dei credenti ungheresi e gli ospiti provenienti da tutto il mondo. Cardinali e vescovi provenienti da diversi Paesi si sono succeduti nella presidenza delle diverse azioni liturgiche ed hanno tenuto le catechesi più importanti. Le molte testimonianze hanno presentato anche storie di sofferenza: quella dei cristiani perseguitati del Medio Oriente, o quella delle Chiese greco-cattoliche sotto il giogo comunista, e quelle dell’accoglienza dei bambini abbandonati, dei tossicodipendenti o dei senzatetto. Anche personaggi conosciuti nel campo artistico o politico hanno reso testimonianze significative della loro fede
Oltre alle iniziative di carità che hanno segnato i giorni del Congresso, per ricordare in modo permanente l’evento si sta lavorando alla costruzione di una struttura posta al servizio delle famiglie che vivono in qualsiasi tipo di difficoltà, dalla crisi di coppia alla disabilità, alla malattia, ecc. Sarà una offerta stabile che, con l’aiuto di psicologi, medici, operatori sociali e pastorali, risponderà alle necessità messe in luce dal recente sinodo sulla famiglia.
Il ritardato obbligato nella celebrazione del Congresso a causa della pandemia, ha permesso di calibrare con maggior attenzione lo svolgimento di un evento forzatamente segnato dalla crisi del turismo e degli spostamenti. La partecipazione straniera che all’inizio del 2020 si prospettava massiccia, infatti, è stata decimata anche se, nonostante tutto, ben 75 Paesi del mondo sono stati rappresentati. Naturalmente la maggior parte dei pellegrini erano europei che grazie al green pass hanno potuto raggiungere liberamente l’Ungheria..
Sul successo di questo Congresso “difficile” hanno pesato altri fattori: la partecipazione massiccia degli ungheresi, l’unità della Conferenza Episcopale e, da ultimo, la breve visita di Papa Francesco volato in Ungheria appositamente per la Statio orbis del Congresso. In quella celebrazione conclusiva cui hanno partecipato più di 100 mila fedeli, si è potuto sperimentare l’universalità della Chiesa, l’immensa famiglia dei battezzati riunita intorno a Pietro. Nutriti dalla Parola e del Corpo e Sangue di Cristo, i presenti hanno testimoniato la loro comunione e sono stati inviati come buoni testimoni dell’amore di Dio.
L'esperienza di comunione con i poveri, l'arte, la scienza, la musica, la forza delle testimonianze, le diverse etnie, l'esempio e l'entusiasmo dei credenti provenienti da tutti i continenti, hanno portato un messaggio di ripresa, di speranza, di rinascita dopo i difficili mesi della pandemia. Una forte iniezione di fiducia.
Al Congresso sono apparsi e si sono discussi, in modo onesto e generoso, anche i grandi problemi del mondo: i limiti delle risorse della Terra e la ricerca allarmata dell'umanità perché il mondo non sia reso inabitabile. L’incontro con altri cristiani, con persone di altre fedi e di altre visioni del mondo ha riacceso il desiderio della piena comunione! Per tutte queste cose il Congresso eucaristico di Budapest, a partire dall’Eucaristia sorgente di ogni dono, ha immesso nelle vene dell’Ungheria, dell’Europa e del mondo forze nuove di rinnovamento che lo Spirito farà fruttificare.
Isten, áldd meg a magyart! [Dio benedica gli ungheresi!]
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E-mail: eucharistcongress@org.va
I Congressi Eucaristici Internazionali, a partire dal loro primo appuntamento nel 1881, si sono trasformati in un movimento eucaristico mondiale.
Il Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali, da 132 anni lavora...